Il 15 e 16 febbraio 2018 i media italiani hanno dato la notizia secondo la quale i cibi geneticamente modificati (OGM) sarebbero sicuri per la salute umana. Secondo i media, questo sarebbe il risultato a cui è giunta una nuova ricerca, svolta da un gruppo italiano della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, pubblicata dalla rivista Scientific Reports che avrebbe analizzato i risultati di ben 6.000 lavori scientifici prodotti nel mondo negli ultimi 21 anni.
In realtà i lavori scientifici analizzati sono solo 76. Lo sostiene Tiziano Gomeri, ricercatore indipendente in analisi integrata degli agroecosistemi, che ha analizzato le notizie riportate dai principali media italiani sulla tematica dei rischi per la salute del mais Ogm e che ha pubblicato i risultati nel lavoro “Anatomia di una bufala”.
«Questo lavoro vuole fornire al lettore le informazioni che i media italiani hanno deliberatamente travisato e omesso di riportare, e che gli esperti che avrebbero potuto, e soprattutto dovuto, si sono ben guardanti dal correggere» scrive nella sua introduzione Gomeri.
I giornali non lasciano alcun dubbio: il mais gm o trasngenico (queste le diciture più corrette, e non Ogm) non presenta alcun rischio per la salute umana. Una notizia di enorme rilevanza. Peccato che per Gomeri sia falsa, una bufala insomma. «Che articolo scientifico abbiano letto i nostri giornalisti è un mistero. Basta leggere il titolo e il sunto del lavoro per capire che gli effetti tossicologici si riferiscono solo alla presenza di alcune micotossine (fumosine in particolare), non ai rischi posti dalla modificazione genetica». Riviste prestigiose in ambito scientifico non hanno pubblicato la notizia: solo Scientific Reports l’ha riportata ma, come spiega il ricercatore, si tratta della rivista meno prestigiosa del gruppo Nature.
Per non parlare dei media internazionali: The Guardian e El Pais, due testate che hanno pubblicato diversi articoli a sostegno degli organismi gm, non hanno dato la notizia. Il sito della Monsanto, quello di Genetic Literacy Project (forse il più importante sito pro Ogm): nessuno delle due ne parla.
«È bene specificare che non sono mai stati fatti esperimenti sugli effetti degli Ogm sulla salute umana e che quando si parla di esperimenti si intende sempre su organismi animali o colture cellulari» spiega Gomeri. I lavori di lungo periodo, tra l’altro, danno risultati discordanti. Il “rapporto Pellegrino”, citato dai media, non solo non citerebbe gli articoli scientifici in materia ma nemmeno il problema posto dalle varietà di mais gm resistenti agli erbicidi: nel caso delle colture gm, l’erbicida si trova negli alimenti, non più come residuo, come nel caso delle colture convenzionali trattate con pesticidi, ma direttamente come parte stessa del prodotto. E questo è un problema per la salute pubblica.
Ma passiamo ora a qualche analisi dei “nostri” media. Come riporta il ricercatore, il Corriere scrive “…secondo una vasta analisi dei dati relativi a 21 anni di coltivazioni nel mondo”. Mentre Repubblica ci informa che lo studio “ha analizzato i dati sulle colture dal loro inizio nel 1996 fino al 2016”, e Il Fatto Quotidiano che “lo studio ha analizzato i dati sulle colture dal loro inizio nel 1996 fino al 2016”: insomma nessuno di questi ci dice quante di queste analisi siano state usate alla fine. La risposta, secondo Gomeri, è: 76!
Un capitolo a parte merita il caso del riso dorato (golden rice), citato nell’apertura de Il Foglio a sostegno dell’utilità degli organismi gm. Peccato che la coltivazione del suddetto riso, ingegnerizzato per avere maggiore presenza di betacarotene, è stata abbandonata perché la modificazione genetica ne aveva compromesso la produttività. Insomma, il riso dorato non poteva essere coltivato dai poveri agricoltori asiatici, al momento almeno, perché date le basse rese avrebbero rischiato di morire di fame. Intanto, come ci rammenta Il Foglio, 110 premi Nobel hanno scritto una lettera per chiedere a Greenpeace di smetterla con la sua opposizione ideologica agli Ogm, impedendo di fatto il salvataggio di milioni di vite. Greenpeace, insomma, è stata usata come capro espiatorio e la stampa italiana ci è cascata.
«Vi sono serie ragioni per essere critici sull’uso che si sta facendo delle biotecnologie in campo agricolo. Sappiamo, per esempio, che le colture resistenti agli erbicidi hanno portano all’aumento dell’uso degli erbicidi e al loro accumulo nelle colture. Sarebbe logico, quindi, discutere la messa al bando di tali colture GM. Si è fatto l’esperimento, si è capito che queste colture non funzionano, ora basta. Insistere su questo tipo di colture GM non può che avere come unica ragione il profitto privato a discapito della salute pubblica. Ritengo che il fatto che i biotecnologi non si curino di questa problematica sia di per sé un serio problema» conclude Gomeri.