Specie carismatiche, specie bandiera, specie in grado di comunicare e sensibilizzare sull’impellente necessità di conservare la biodiversità del pianeta, rivestono un ruolo tanto affascinante quanto limitato.
Il panda gigante, simbolo per antonomasia della biologia della conservazione, da non molto è stato elevato di rango nella temuta lista rossa della IUCN, da specie in pericolo di estinzione a specie vulnerabile. Come si è riusciti a ridurre il rischio di estinzione per questa meravigliosa specie? Sicuramente con azioni di conservazione studiate e scientificamente fondate, ma senza la sensibilizzazione dell’opinione pubblica tutto questo non sarebbe stato possibile. Un animale buffo che suscita tenerezza, la sola idea che potesse sparire per sempre dalla faccia delle terra, ha fatto indignare anche le persone più ciniche ed indifferenti.
Questo significa essere una specie carismatica, una specie dal forte potere evocativo che riesce a far presa sull’opinione pubblica in modo da educare e sensibilizzare sul rischio di estinzione che incombe su buona parte delle specie presenti sul pianeta. Il tasso di estinzione attuale delle specie è, difatti, 1000 volte superiore a quello naturale e non interessa solo i grandi mammiferi carismatici, anzi. La necessità di distinguere il tasso di perdita delle specie attuale con il tasso naturale nasce dall’evidenza che il declino della biodiversità è tanto più accentuato tanto più la popolazione umana cresce.
Elefanti, tigri, leoni, rinoceronti, che le loro popolazioni siano drasticamente in calo è ormai tristemente noto, tuttavia, queste specie hanno un vantaggio rispetto alle altre, quello di essere specie carismatiche. L’impatto psicologico e comunicativo che una specie bandiera riveste è enorme, basti pensare che la quasi totalità delle campagne di sensibilizzazione per la conservazione della natura si sono concentrate sul declino di questi grandi mammiferi. Sarà perché, essendo filogeneticamente più vicine a noi, tendiamo ad avere un occhio di riguardo in più. Eppure, di circa mille estinzioni conosciute dal 1995 ad oggi, solo 58 hanno interessato i mammiferi. Pensiamo che siano i più vulnerabili semplicemente perché ci interessano di più.
Sebbene con l’approccio delle specie carismatiche si perda la visione ecosistemica d’insieme, i vantaggi che queste offrono sono molteplici. La biologia della conservazione dipende, prima di tutto, da decisioni politiche, fare conservazione è politica. Servono fondi e cooperazione tra le istituzioni per avviare un progetto di conservazione e come è noto, i fondi, soprattutto quando si tratta di ambiente, sono limitati. Ed è qui che entrano in gioco le specie carismatiche: quel che suscitano smuove l’opinione pubblica, si inizia a parlare di loro e di quanto sia un peccato che si estinguano per sempre, così, magicamente, i fondi iniziano a fare capolino grazie al consenso popolare. È facile prendere una decisione politica quando si hanno gli occhi puntati e quando assecondare il volere della popolazione corrisponderebbe ad un vantaggio personale. Politica a parte, le specie bandiera hanno anche un valore ecologico, ossia quello di essere spesso delle specie ombrello. Questo significa che le loro ampie esigenze ecologiche, in termini di habitat e di risorse, fanno si che per conservarle si debbano tutelare vaste porzioni di territorio che inevitabilmente, favorirebbero la salvaguardia di numerose altre specie.
Il ruolo dei grandi mammiferi terrestri è quindi determinante nella comunicazione ambientale, tuttavia, non bisogna dimenticare che ogni singola specie, oltre a possedere un valore intrinseco, possiede un valore funzionale. Tutti i sistemi ecologici sono interconnessi e vivono delle interazioni tra le specie e tra queste e l’ambiente. Ogni singola perdita aumenta le probabilità di collasso del sistema.
Simone Valeri