Da mangiatori di carcasse a cacciatori, dall’agricoltura alla produzione industriale: il rapporto tra l’uomo e l’ambiente non è sempre stato lo stesso. In che modo la diversa percezione del contesto naturale ha cambiato la comunicazione ambientale?
Quando l’erba comincia a crescere vicino alle case e quando la vegetazione arriva alla periferia del villaggio, i Lese dicono che la “la foresta si sta avvicinando e deve essere abbattuta”. La foresta in questione è quella equatoriale dell’Ituri, nel Nord-Est dell’attuale Repubblica Democratica del Congo e la comunità che tenta a tutti i costi di farla arretrare è per l’appunto, quella dei Lese: coltivatori che abitano dei villaggi rudimentali, simbolo della loro umanità. I Lese però, non sono soli. A pochi passi dalle loro case, accampati nella foresta, vivono i cacciatori Efe. Legati intimamente al mondo naturale, questi rifiutano di cedere alle pratiche colturali e preferiscono di gran lunga dipendere direttamente dalla natura per il loro sostentamento. Due società diverse, due differenti rapporti con l’ambiente, due diversi modi di fare “comunicazione ambientale”. Gli Efe, dal canto loro, riconoscono il dominio della natura sulla loro esistenza, non la evitano bensì vivono di essa, mettendola al centro della loro cultura e dei loro valori. “Al contrario – scrive l’antropologo Francesco Remotti – i Lese ritengono di dover continuamente sottrarre la loro condizione di umanità all’invadenza della natura”. Gli adulti, infatti, trasmettono ai loro figli l’importanza del vivere nei villaggi, di coltivare banani e di controllare l’avanzamento della foresta. Inoltre, denigrano i loro vicini reputandoli selvaggi e inferiori.
Per le società occidentali, estremamente denaturalizzate, c’è poca distinzione tra i Lese e gli Efe: due comunità “sottosviluppate” che vivono, entrambe, nella foresta equatoriale. È chiaro però che siano ben altro. Ad esempio, sono la perfetta sintesi di come, a seconda della “forma di umanità”, il rapporto con la natura sia diverso e di come questo sia cambiato nel tempo. Negli Efe rivediamo una condizione di equilibrio e rispetto nei confronti della natura, mentre nei Lese si percepiscono i primi tentativi di dominarla. È infatti con l’avvento dell’agricoltura che il rapporto uomo-ambiente è drasticamente cambiato. Si sviluppano le pratiche agricole e con esse la variazione nell’uso del suolo e delle risorse idriche. Si gettano le basi per la produzione compulsiva che caratterizza le società attuali. I surplus alimentari pongono fino al nomadismo. E se prima il continuo movimento rendeva difficoltoso l’aver più di due figli, con la stanzialità si dà via al boom demografico e ad un ancor più accentuata alterazione del territorio.
Nel tentativo di dominare la natura, di modellarla a suo piacimento, l’uomo si è a lungo dimenticato di comunicare con l’ambiente e per l’ambiente. Per decenni, è stata ignorata l’esauribilità delle risorse e l’impatto di rifiuti e inquinanti sugli ecosistemi. La natura però, “fortunatamente”, non ha tardato a ricordarci che è il caso di cambiare rotta: aumento nella frequenza e nell’intensità di eventi meteorologici estremi, morti premature per inquinamento diffuso e riduzione della produttività agricola, sono solo alcuni dei moniti. Ed è forse solo ora che possiamo parlare di una nuova fase di cambiamento della società umana, quella della transizione ecologica, dove la comunicazione ambientale si afferma, inizia a prendere una forma via via più concreta, senza smettere mai di evolvere.
“Negli ultimi decenni – scrive Giovanna Cosenza, docente di semiotica dei nuovi media presso l’Università di Bologna – abbiamo assistito ad un’evoluzione continua delle parole usate per identificare i temi ambientali: dal termine “paesaggio” si è passati ai generici “natura” e “ambiente”, grande successo ha avuto fino a poco tempo fa anche la parola “ecologia”. Adesso sono molto diffusi i termini “green”, “sostenibilità” e “bio”.
Molte campagne di sensibilizzazione odierne sui temi ambientali – continua Cosenza – puntano sulla partecipazione attiva, sul fare qualcosa di concreto più che sulla semplice informazione, su allarmi e generici richiami all’attenzione che sono stati i punti di forza fino a qualche tempo fa. L’orientamento al fare va di pari passo con l’uso dei nuovi media e di internet in particolare. La comunicazione globale è senza dubbio oggi foriera di cambiamenti effettivi e il “fare” è diventato uno dei tormentoni del nostro tempo”.
Comunicare e agire sono quindi ora indispensabili per favorire il ritorno all’equilibrio primordiale tra uomo e ambiente. Un equilibrio, in realtà, non troppo diverso da quello che caratterizza gli Efe della foresta congolese, perché alla fine, per quanto sviluppata possa essere una società, l’importante è non dimenticare la posizione subordinata dell’uomo rispetto alla natura.