La partenza della giovane Greta Thunberg alla volta di New York, per il summit mondiale sul riscaldamento globale dell’Onu, a bordo di una barca a vela ad emissioni zero, ha scatenato come sempre reazioni controverse. Media negazionisti, guitti a gettone da talk show, e l’immancabile teppaglia da tastiera, non hanno perso ancora una volta l’occasione di scatenare i loro attacchi, fatti di insulti, insinuazioni e complottismi vari.
Tra le accuse che più spesso vengono rivolte a Greta al fine di screditare lei, il suo messaggio, e i milioni di giovani che la seguono, quella di “essere solo un fenomeno mediatico” merita certamente qualche riflessione.
Greta non è una scienziata che porta nuove evidenze, scoperte rivoluzionare, teorie innovative. Non ha finora inventato né scoperto nulla. È un’adolescente che, con una straordinaria efficacia comunicativa, dice cose piuttosto semplici sul cambiamento climatico e sull’urgenza di fare ciò che serve, per evitare che il collasso degli equilibri planetari trascini con sé l’intera umanità. Nulla che un cittadino di media cultura non abbia già letto da qualche parte, concetti ormai consolidati, che la comunità scientifica, la galassia dell’attivismo ambientale e qualche politico isolato, ripetono da trent’anni. Basti pensare, solo per fare qualche esempio, ai documenti dell’IPCC, ai documentari di Leonardo Di Caprio e Al Gore, o ai “Living Planet Report” del WWF.
Fonti credibili ed autorevoli quanto inascoltate, almeno fino a pochissimo tempo fa. L’opinione pubblica scuoteva le spalle, i media relegavano l’argomento nei trafiletti, la politica aveva gioco facile nel fare finta di niente, per non disturbare lobby, finanziatori ed equilibri di potere consolidati.
Poi è arrivato il fenomeno Greta. Lasciamo agli esperti di comunicazione e mass media il compito di capire perché “buca il video” con tanta efficacia. Non le saremo mai abbastanza riconoscenti per avere portato sulle prime pagine il tema del cambiamento climatico, avere mobilitato in tutto il mondo movimenti come Fridays for Future, avere costretto le classi dirigenti (almeno quelle più evolute e responsabili) a prendere atto dell’immane sfida che abbiamo davanti. Per conservare una piccola speranza di fare uscire l’umanità dalla “grande cecità”, ed evitare un collasso climatico dalle conseguenze inimmaginabili, un fenomeno mediatico è esattamente quello di cui c’è bisogno.
Rolando Cervi