Chernobyl Italia è un libro che andrebbe letto da tutti specialmente dalle nuove generazioni che non possono ricordare l’angoscia che vivemmo quando si diffuse la notizia dell’incidente nucleare. Un libro che racconta anche tanto altro e parla agli italiani del 2020: parla di storie positive, di accoglienza e solidarietà verso migliaia di bambini di Chernobyl. La lettura delle pagine porta poi a un grande insegnamento: che non si può sfidare la Natura senza avere una sana paura.
Di questo e di tanto altro abbiamo parlato con Stefania Divertito, giornalista e autrice del libro.
Perché scrivere un libro su Chernobyl? Come è nata l’idea? La serie TV è stata da sprone o il libro era già previsto?
Sicuramente la serie è stata uno sprone. È da sempre un mio pallino cercare nuovi linguaggi per poter raccontare e divulgare le tematiche ambientali facendole arrivare ai non addetti ai lavori. Chernobyl, la serie, è in questo senso un progetto riuscitissimo. Per questo ho sentito l’esigenza di parlare al pubblico italiano e di rivolgermi particolarmente ai più giovani, per i quali Chernobyl è un nome che evoca un avvenimento accaduto tanto tempo fa ma che risuona poco nella loro memoria. Abbiamo voluto, con la casa editrice, sperimentare un linguaggio diverso per narrare quella tragedia, il linguaggio del romanzo, lavorando però con il rigore di un’inchiesta giornalistica.
Leggendo il libro mi è venuto in mente che forse, prima della serie, molti degli under 30 non sapessero cosa sia (stato) Chernobyl. Tu a riguardo che sensazione hai?
Ne hanno un’idea confusa e lontana. Che Chernobyl sia stata una delle più grandi tragedie ambientali della storia dell’uomo, è ormai patrimonio comune. Ma credo sia utile entrare dentro la vicenda, capirne gli errori, e anche conoscere le storie degli uomini e delle donne che quella storia hanno contribuito a scriverla, sacrificando la propria vita. Credo che sia una grande lezione sull’umanità.
Il libro mi ha aiutata a capire meglio anche quel che ho visto nella serie ma c’è molto di più. Tutta la seconda parte legata all’Italia. Sembra quasi che tu abbia voluto rendere “merito” all’impegno dei tanti italiani contro il nucleare e a sostegno delle persone (bambini in primis) colpite da Chernobyl… è così? Le storie positive fanno più fatica a essere divulgate?
È davvero molto, molto difficile divulgare le storie positive. La paura attecchisce di più, oppure siamo abituati alla narrativa del terrore per cui ci colpisce maggiormente perché risuona note sperimentate? È un bel dilemma. Nel dubbio, ho voluto fortemente raccontare un’Italia diversa, un’Italia che ha nel suo Dna l’accoglienza, le porte aperte, e con Chernobyl noi abbiamo aperto le porte delle nostre case, per accogliere i bambini nei mesi estivi, per regalare loro periodi di “aria sana”, che in molti casi sono diventati la costruzione di una nuova famiglia. In quel periodo sono nati legami così forti che perdurano, che si sono alimentati nel tempo anche grazie alla generosità di italiani che non hanno mai smesso di donare viveri, capi di abbigliamento, materiale scolastico, facendoli arrivare con i tir durante tutto l’anno. Gli ultimi tir di aiuti, ad esempio, sono partiti proprio un paio di mesi fa. Una generosità che ha coinvolto tutta l’Italia, e che ancora oggi vede la Lombardia come una delle regioni più attive.
Pensi che serva una tragedia grande come Chernobyl per risvegliare il cuore degli italiani?
Le tragedie non servono a risvegliare i cuori, ma a creare un effetto choc. Poi, la solidarietà e la generosità vanno costruite, giorno dopo giorno, con gli esempi, con la dedizione continua. E con la narrazione di quanto di positivo ognuno di noi può fare per migliorare il pezzetto di mondo in cui vive. Credo che gli italiani abbiano un grande cuore, oggi però è necessario risvegliare la memoria e ricordarglielo.
Quale messaggio vorresti rimanesse impresso al lettore?
Che non si può sfidare la Natura senza avere una sana paura. E che ognuno di noi può e deve fare la propria parte per lasciare alle prossime generazioni il miglior Pianeta possibile.