La discarica, il luogo che serve a tutti ma che nessuno vuole vicino a casa. La Filippa come ha fatto a farsi volere bene dai suoi vicini di casa?
La discarica è senza dubbio uno degli oggetti più contestati al mondo e anche La Filippa – tanti anni fa – ha conosciuto un avvio in salita, caratterizzato dalla diffidenza dei cittadini. Fin dalla fase progettuale, però, è stata concepita come una discarica che non solo non doveva inquinare in alcun modo, ma doveva aggiungere un importante valore ambientale, economico e sociale all’area e al territorio. Così è avvenuto e, piano piano, attraverso un agire trasparente, con l’autorevolezza dei fatti e il mantenimento degli impegni assunti, siamo riusciti a farci conoscere e apprezzare. Oggi i cittadini di Cairo Montenotte sanno come lavoriamo e riconoscono la cura e l’attenzione che mettiamo in ogni cosa. Quelli più prossimi all’azienda, i vicini di casa, sono diventati dei compagni di viaggio: insieme a loro sviluppiamo progetti, immaginiamo e realizziamo azioni di valore per la comunità e attraverso l’ascolto e il confronto con loro misuriamo il grado di soddisfazione del nostro lavoro e dei progetti di responsabilità sociale che ci vedono coinvolti in tanti ambiti della vita sociale, culturale e sportiva di Cairo Montenotte. Ai vicini di casa abbiamo anche voluto dedicare un portale internet, per raccontare le loro storie e la loro intraprendenza imprenditoriale. Ci sono musicisti, fotografi, amanti della terra, operatori del turismo, allevatrici di cavalli e molto altro. Nessun incontro che facciamo nel corso della nostra vita è privo di un significato segreto, ci ricorda Buber, e anche alla Filippa è così.
Ridurre, riutilizzare, riciclare, recuperare; alle 4 «R» dell’economia circolare alla Filippa è stata aggiunta quella della riqualificazione. E’ una scelta che paga?
Assolutamente. La Filippa è stata tra le prime discariche in Italia a recepire interamente le più moderne normative europee in materia di rifiuti e traguarda obiettivi ambizioni fornendo un contributo essenziale alla realizzazione) dell’Economia Circolare, sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro.
A me piace pensare ai rifiuti non diversamente valorizzabili, come a “mattoni” con i quali costruire un nuovo futuro. E in questo scenario la logica è quella del win-win, ci guadagnano tutti.
Il convertitore di valore per noi è la sostenibilità, che applicata a ogni scelta e a ogni azione aziendale, consente di trasformare gli effetti potenzialmente negativi in positivi e quindi generare valore ambientale, economico e sociale. E tutto ciò si traduce nel fatto che oggi, con La Filippa, i nostri terreni sono riqualificati e non hanno perso valore, anzi lo hanno aumentato. Di più. Di questa azione di valorizzazione e riqualificazione ne sta beneficiando l’intera zona, prova ne è che attorno a noi negli ultimi anni c’è stato un importante sviluppo residenziale. Altro che sindrome di Nimby!
La Filippa è una macchina che da anni è all’avanguardia e continua ad essere performante. I suoi ideatori quali sfide si pongono adesso?
La nostra nuova sfida è la Filippa 2.0, un progetto avanzato di discarica sostenibile che coniuga la gestione dei rifiuti con il turismo. Lo abbiamo pensato per la provincia di Alessandria, ma a novembre dello scorso anno abbiamo deciso di ritirarlo perché, a seguito degli eventi alluvionali che si sono verificati in autunno, per realizzarlo avremmo dovuto creare un’ulteriore barriera di protezione della falda superficiale, con azioni che sin dall’inizio ci impegnammo ad evitare per farci carico delle sensibilità manifestate dai cittadini nei tanti incontri svolti sul territorio (contenimento del traffico ed esclusione di alcuni materiali di riempimento) .
Restiamo fermamente convinti della bontà della nostra idea anche in termini di ricadute positive sul territorio; per questo motivo e, considerando il largo consenso che abbiamo incassato, la vogliamo proporre – in primis – ai Comuni piemontesi del bacino del fiume Po, perché il progetto ha un legame profondo con il fiume. Si basa, infatti, sulla creazione di un parco tematico, dedicato proprio al corso d’acqua più lungo d’Italia, una volta che la discarica sarà esaurita, ma con alcuni interventi di valorizzazione e fruizione già in corso d’opera. Mano a mano che gli spazi vengono colmati si procede alla sistemazione finale dell’area con terreno vegetale, al rinverdimento, alla piantumazione e infine alla realizzazione di aree verdi attrezzate, per poi realizzare su quel terreno il “Minipò®”, una sorta di parco di divertimenti green che riprodurrà, in scala 1:500 il corso del Po dal Monviso al delta. Il percorso del fiume sarà costituito da un percorso ciclabile, insieme a camminamenti e gallerie che lasceranno spazio al verde, alla flora e alla fauna. E poi ancora giochi per bambini e pannelli con la storia di quell’area: insomma “un luogo da vivere”, non solo a beneficio di residenti che consenta di sviluppare una vocazione turistica ad un’area che prima non l’aveva, introducendo elementi attrattivi che possano intercettare flussi turistici anche di provenienza sovranazionale.
“La domanda delle 100 pistole di Circonomìa”. Il dibattito è aperto: c’è chi ritiene che affrontando la pandemia impareremo ad affrontare il cambiamento climatico e a combatterlo più efficacemente di quanto è stato fatto finora, in quanto l’idea che ci sia un “nemico invisibile” diventerà molto più convincente. Ma c’è anche chi pensa che dopo la fine della pandemia la lotta al cambiamento climatico potrebbe rallentare. Il suo parere?
Credo che in momenti come questo emerga quanto sia stretto il legame tra una corretta gestione dei rifiuti, l’ambiente e la salute pubblica e come la capacità di smaltire rifiuti altrimenti non valorizzabili, si confermi un’attività indispensabile per garantire la sostenibilità ambientale e minimizzare il rischio che l’economia circolare si inceppi con ulteriori impatti sull’igiene pubblica e la salute in un momento di grave emergenza. Anche le calamità naturali di queste ultime settimane ci insegnano qualcosa: dobbiamo imparare a giocare d’anticipo, prevedendo situazioni che fino a un decennio fa non avremmo potuto nemmeno immaginare. Quello accaduto con la Filippa 2.0, dopo che in 30 giorni è piovuto quanto piove in 2 anni, è stata una grande lezione. Per senso di responsabilità abbiamo deciso di rinunciare a un progetto che consideriamo legittimo, innovativo e straordinario per noi e per il territorio e che, completato, avrebbe superato indenne i fatti alluvionali in completa sicurezza, ma vogliamo proseguire su questa strada per eliminare la paura e la sfiducia che in questo Paese oggi continuano ad aumentare, facendo passare la convinzione che il profitto viene prima della sicurezza e della tutela delle persone. Occorre il coraggio di ribaltare queste idee con i fatti, con un’azione imprenditoriale continuativa ed efficace, supportata da coerenza di comportamento, salvaguardia dei valori intangibili e visione di lungo periodo.