Rumore delle onde. Pace e tranquillità. Colori sulle tinte del rosa e un’atmosfera ovattata. Appare il mare, in tutta la sua maestosità.
Purtroppo, è un mare vuoto, o meglio, è un mare morto, senza più vita al suo interno. Siamo nel 2050 e nel Mediterraneo non c’è più nemmeno un pesce. In compenso ci sono montagne di plastica che vengono raccolte quotidianamente da (ex)pescatori e inviate prontamente sulla luna. I ristoranti di mare non esistono più, perché i pochi pesci rimasti quando vengono pescati hanno talmente tanta (micro) plastica al loro interno da essere tossici.
Una ragazzina amante del mare passa tutte le sue giornate in acqua alla ricerca di sacchetti di tutti i colori, forme e provenienze. Ella racconta di amici e conoscenti emigrati in montagna, per fuggire dalle temperature insostenibili e dal mare stracolmo di rifiuti.
Interamente vestita di bianco e con i piedi scalzi, una artista-scultrice che colleziona pezzi di packaging trovati in spiaggia racconta con tono profetico di un 2020 in cui avremmo potuto fare qualcosa. Un 2020 caratterizzato da una crisi senza tempo che ci ha messi davanti all’evidenza; ovvero, l’insostenibilità del nostro sistema economico e di vita.
“Se non rinunciamo alla plastica monouso, nel 2050, in mare, ci sarà più plastica che pesci”. Questa la prospettiva che ci racconta il docufilm “2050: Cronache Marine” realizzato a supporto della campagna di sensibilizzazione contro la plastica monouso promossa da Istituto Oikos nell’ambito del progetto Life Beyond Plastic, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).
Alcune delle poche frasi pronunciate nei brevi monologhi dei personaggi del docu-film mi hanno particolarmente colpita e racchiudono in loro il messaggio della campagna. Verso la metà, l’artista-profeta osserva: “mi ha sempre affascinato il rapporto della plastica monouso con il tempo. Prendiamo il piatto di plastica per esempio: viene usato per un minuto per condividere una fetta di torta e poi vive da solo per 500 anni. Magari in mare.”. Un’affermazione semplice, ma che racchiude in sé tutto il paradosso del nostro sistema. Dal punto di vista comunicativo è semplicemente geniale.
L’altra frase molto efficace pronunciata in questo poetico, seppur drammatico, documentario è “ci siamo viziati troppo! La natura lo spazio suo se lo riprende”. A pronunciarla è il pescatore pugliese, frustrato e triste sul suo catamarano, ormai carico soltanto di plastica. Parla guardando sconsolato il mare, sempre bellissimo e imponente.
La distopia immaginata in questo documentario diretto da Luca Paolassini e scritto da Luciano Marchetti e Davide Canepa, ci mostra un mondo non tanto lontano e improbabile. È un mondo in cui “La cacciatrice di sacchetti”, “Lo chef di microplastiche”, “La collezionista di packaging” e “Il pescatore di bottiglie” sono i rappresentanti simbolici di diverse fasce d’età e vissuti personali. È un mondo sconvolto dalle nostre abitudini malsane, ma che siamo ancora in tempo per salvare. Perchè siamo nel 2020, ed ora il tempo per fare qualcosa c’è. Ed ecco l’appello della campagna: cambiamo i nostri comportamenti, perché se lo facciamo adesso potremmo scongiurare questo prossimo futuro così triste e desolato.
Di seguito il trailer del documentario, che è visibile integralmente sul sito. E’ sufficiente una piccola registrazione con la propria mail!