Chiacchierata con Cristina Da Rold
«È un grosso errore teorizzare prima di avere dei dati: spesso si alterano i fatti per adattarli alla teoria, anziché adattare la teoria ai fatti». Parola di Sir Arthur Conan Doyle, scrittore scozzese dalla cui mente sono state prodotte le ingegnose deduzioni dell’investigatore Sherlock Holmes.
Il suggerimento è proprio quello di avere dei dati per poter analizzare e teorizzare fatti. Tuttavia, la sensazione è spesso quella di essere accerchiati da numeri e di non riuscire a coglierne il significato. Cosa c’è oltre a queste cifre? La comunicazione delle tematiche ambientali deve partire proprio da questa domanda.
Cristina Da Rold, data-journalist che scrive di salute e disuguaglianze sociali prevalentemente su Infodata – Sole 24 Ore, ci aiuta a trovare qualche risposta. Oltre ad approcciarsi ai numeri, Cristina ci ricorda quanto sia importante che i comunicatori diano un contesto e una spiegazione ai valori raccolti. In qualsiasi settore, i metadati sono uno strumento utile per sistemarli e per permettere a lettori e lettrici di coglierne il significato in tempi rapidi.
Lavorare con i dati e comunicarli per mestiere significa infatti renderli accessibili e fruibili al pubblico. Cristina suggerisce chiarezza da parte di chi “digerisce informazioni e dati”, ma ricorda anche che serve soprattutto una formazione consolidata. Per poter analizzare cause ed effetti che interessano l’ambiente, infatti, è necessaria una competenza sull’utilizzo delle fonti. A questo, va chiaramente aggiunta la capacità di fare buon uso degli strumenti di diffusione.
La comunicazione passa attraverso diversi canali e quelli più utilizzati, è ormai ben noto, sono i social. Per Cristina sono una parte fondamentale del suo lavoro giornalistico, ma consapevolmente richiama all’attenti:
«Il mio consiglio è che non è obbligatorio leggere tutto quello che vediamo sul social. Specialmente in questo periodo in cui siamo invasi da dati […] è un problema di scelta: mi informo in poco tempo, quindi vado sulla fiducia. Ognuno deve avere un punto di riferimento».
La sfida del comunicatore è quindi quella di diventare un punto di riferimento affidabile, ricercare i dati alla fonte e portare valore. Saper avvertire il pubblico dei rischi e dei pericoli, permettere loro di cogliere l’informazione e aiutarli nel percepire le intenzioni di chi descrive questi numeri. Le piattaforme social sono parte dell’accesso democratico ai dati, bisogna perciò portare attivamente su questi canali la qualità e la serietà dell’analisi.
Specialmente nella comunicazione ambientale, che ha sempre più temi e numeri da raccontare, l’invito è quello di rendere chiaro cosa c’è, oltre a queste cifre. Una buona comunicazione è la risposta contro notizie false e pericolose per il pianeta. È una lotta contro l’inquinamento da fake news, portata avanti da periodici e associazioni attive nel campo.