Alla fine del 2019, quando la pandemia di Covid-19 sembrava solo un virus esotico ed estraneo ai paesi dell’Unione Europea (UE), i neo-eletti membri della Commissione Europea lanciarono il progetto noto come “Green Deal Europeo”.
Questo nuovo piano viene descritto nei documenti ufficiali come: “una nuova strategia di crescita il cui obiettivo è quello di trasformare l’UE in una società più giusta e prospera con un’economia moderna, competitiva ed efficiente e in cui, a partire dal 2050, sarà raggiunta la neutralità climatica.”
In seno al progetto sono state lanciate varie iniziative tra cui la famosa strategia “Dal produttore al consumatore” che mira a costruire un sistema alimentare equo, sano e sostenibile; un piano d’azione sull’economia circolare che includa tutti i settori produttivi; una strategia per la mobilità sostenibile e una per la riforestazione e protezione della biodiversità.
Per finanziare questi progetti, l’UE ha stanziato fondi da diverse piattaforme come il nuovo “Meccanismo per una transizione giusta” che si propone di “garantire che la transizione verso un’economia climaticamente neutra avvenga in modo equo e non lasci indietro nessuno” e il piano InvestEU che mira “ad aumentare gli investimenti in Europa, sostenere la ripresa e preparare l’economia per il futuro”, con un occhio di riguardo a settori come infrastruttura sostenibile, innovazione e ricerca, piccole e medie imprese e investimenti sociali.
Ciononostante, non mancano le critiche di chi pensa che questo piano sia poco ambizioso data la gravità, sottolineata da sempre più crescenti evidenze scientifiche, del cambiamento climatico.
Il piano infatti, se confrontato con altre urgenti emergenze che l’UE ha dovuto affrontare in passato, ha un budget molto più esiguo. Si pensi che, durante la crisi finanziaria del 2008 l’UE aveva stanziato più di 4.2 miliardi di euro, mentre il Green Deal prevede un finanziamento da 1 miliardo di euro spalmato su 10 anni. Secondo recenti stime, questa somma non sarebbe abbastanza per raggiungere gli obiettivi che l’UE si è posta per il 2030, infatti la stessa Commissione Europea aveva stimato necessari 260 milioni (invece di 100 mln) di euro l’anno per raggiungere il traguardo della neutralità climatica.
Un’altra problematica riguarda la composizione degli investimenti. L’UE si prefissa di mobilizzare un gran numero di investimenti privati nei settori chiave per la transizione ecologica, non riducendo il rischio climatico, bensì spostandolo sulle spalle dei cittadini europei, mentre assicura agli investitori tutti i benefici del caso.
Infatti, nonostante il piano sembri onnicomprensivo (dal settore alimentare, alla mobilità sostenibile), spesso soprassiede o è poco chiaro su questioni di grande importanza, se si parla di misure per combattere il cambiamento climatico. Infatti, nonostante il piano suggerisca una transizione verso un’alimentazione sempre più vegetale, nella sostanza l’UE non sembra muoversi in questo senso. Ad oggi, infatti, l’UE ha un budget di circa 200 milioni di euro l’anno necessario a sostenere la produzione agricola, di questi, circa il 32% milioni sono utilizzati per la promozione del consumo di carne e prodotti caseari mentre solo il 19% per frutta e verdura.
Per questo motivo, sembra naturale chiedersi se questi obiettivi siano veramente così ambiziosi come ci comunica l’Unione Europea o se forse sarebbe necessario rivedere la strategia climatica e iniziare ad agire seriamente nel presente, attraverso sistemi di finanziamento e progetti che abbiano veramente a cuore il futuro del pianeta, invece del profitto di pochi.
Per approfondire:
Testo del Green Deal Europeo
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1576150542719&uri=COM%3A2019%3A640%3AFIN
K. O’Sullivan, “EU funding of meat and dairy promotions ‘irresponsible’ – Greenpeace”, The Irish Times, 9/04/2021
Y. Varoufakis and D. Adler, “The EU’s green deal is a colossal exercise in greenwashing”, The Guardian, 7/02/2020