Stefano Panzarasa, ecopacifista, cantautore e scrittore, ci racconta il suo ultimo libro “Terraluna Una seconda possibilità. Sogno, amore, avventura, ecotopia” (LFA Publisher, Caivano – NA, 2021).
Di cosa parla questo romanzo?
Terraluna è un romanzo ecofantasy che inizia con un incontro molto speciale… Silvia, la protagonista vive sulla Terra, è una brava mamma, felice quanto depressa da tutti i problemi ecologici e sociali e per la sua incapacità di riuscire ad impegnarsi in qualcosa di utile. Crass, l’altro protagonista, vive sul pianeta Flux, il pianeta delle due lune e della consapevolezza ecologica e, come altri del suo mondo, fa il “sognatore”, gira tutto l’universo portando aiuto dove serve e in particolare sulla Terra.
Terraluna è un romanzo che copre un arco temporale di circa 60 anni che unisce sogno, avventura, amore, speranza e consapevolezza ecologica. Fantasia ed ecopacifismo si intrecciano cercando di far riflettere sul senso della vita, sulla sua sacralità e sul fatto che se non è possibile curare le ferite del passato, si può comunque credere, anche impegnandosi personalmente, in un futuro migliore.
Perché hai deciso di scriverlo?
Dopo decenni di impegno ecopacifista volevo evadere da una realtà che cominciavo a sentire insopportabile, divertirmi, e nello stesso tempo cercare, nella mia fantasia e con le mie conoscenze anche scientifiche, un’alternativa e soluzioni possibili a un mondo e a una società patriarcale che sembrano avviati verso un disastro di incommensurabile portata, come purtroppo ben rappresentati ormai da tanta letteratura distopica.
Che cos’è l’ecotopia?
La parola ecotopia viene da un libro del 1975: “Ecotopia (Il romanzo del nostro futuro)” di Ernest Callenbach, che influenzò la controcultura e il movimento ambientalista nel corso degli anni ’70. Io lo lessi all’inizio degli anni ’90 quando fu tradotto e pubblicato in Italia e mi è stato di grande spunto per scrivere Terraluna. Un modo per dare speranza al sogno di un mondo migliore basato sull’ecologia profonda, il bioregionalismo, la pace, la solidarietà, la condivisione, l’uguaglianza, l’amore e il rispetto della natura e non più sulla violenza, la guerra e la sopraffazione.
A quale pubblico è destinato?
Ho cercato di scrivere il romanzo in modo agile, quasi cinematografico, con momenti di azione e momenti di riflessione che possono coinvolgere a vari livelli un pubblico di tutte le età. Nella nostra società in gran parte distopica e virtuale, per me una delle cose più importanti è mantenere l’amore per la lettura dei libri, il lasciarsi coinvolgere e magari anche imparare qualcosa…
Ti definisci un ecopacifista, che senso ha oggi questa parola?
Proprio pensando a quello che stiamo vivendo in questi giorni e ormai da circa due anni e come le società di stampo occidentale hanno affrontato male il problema dal punto di vista sanitario, politico e sociale, risponderei solo con una breve frase: “Mentre molti seminano odio, l’ecopacifista semina amore.” In questo periodo distopico, essere un ecopacifista vuol dire essere un ribelle che agisce tramite la non-violenza, con consapevolezza ecologica e rifiutando leggi che ritiene ingiuste.
Oltre a scrivere sei anche un cantautore. La musica è importante nel comunicare messaggi etici, di pace, di cura per l’ambiente e la salute globale?
Ho cominciato a cantare alla fine degli anni ’70 con canzoni popolari che celebravano i luoghi che amavo di più, il Lazio e l’Abruzzo, poi ho continuato in un gruppo punk, poi il rock ecologista, le canzoni dedicate a Gianni Rodari. Ultimamente mi piace affrontare prima da solo e poi con l’aiuto di altri musicisti tutte le tematiche ecologiche e pacifiche che mi coinvolgono nella vita reale. Creare canzoni è la cosa che mi riesce meglio, sono convinto che ognuno deve dare il suo impegno e il suo messaggio nel campo che gli è più congeniale.