Come documentato in letteratura[1], la tecnica del biorisanamento (o Bioremediation) si sta sempre più affermando come valida alternativa alle più diffuse tecniche di bonifica tradizionale, come lo smaltimento in discarica o i trattamenti chimico fisici.
Per spiegare in maniera più approfondita queste tematiche abbiamo intervistato Matteo Aliotta, Business Developer di Biosearch Ambiente, realtà pioniera nel settore della bioremediation, che da oltre vent’anni, attraverso costante attività di ricerca e sviluppo, propone tecnologie di Bioremediation per un risanamento ambientale efficace ed ecologicamente sostenibile.
Innanzitutto, come si può definire brevemente la tecnica del biorisanamento?
Il biorisanamento si propone come un insieme di tecnologie e metodologie di intervento sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico, in cui i protagonisti sono i microrganismi presenti nei suoli e nelle acque inquinate, capaci non solo di sopravvivere in presenza di elementi anche molto tossici, ma in grado di metabolizzarli o detossificarli, eliminandoli dall’ambiente in maniera definitiva.
Tali microrganismi, rappresentati il più delle volte da consorzi di specie diverse, vengono stimolati attraverso l’iniezione di micro e macronutrienti che favoriscono il processo di degradazione degli inquinanti, ripristinando così gli ecosistemi e risolvendo i problemi legati alla tossicità dei contaminanti pericolosi per la salute
Come può descrivermi ed inquadrarmi nel panorama l’azienda nella quale opera?
Biosearch Ambiente è un’azienda nata nel 2001 ad Environment Park di Torino, con sede oggi ad Alpignano (TO), che si occupa di implementare a livello nazionale per clienti pubblici e privati biotecnologie efficaci, risolutive ed ecologiche per la bonifica ambientale. Attraverso la biostimolazione microbica vengono risolti problemi di contaminazione complessi e diffusi all’interno del suolo e delle acque sotterranee. Il Biorisanamento viene molto spesso impiegato come metodologia d’intervento per la bonifica ambientale laddove lungimiranza, attitudine all’innovazione e particolare attenzione alle tematiche ecologiche e ai costi di intervento sono i tratti caratteristici degli stakeholders coinvolti. Particolare interesse per queste tecnologie è riscontrato, per esempio, in ambito internazionale.
È quindi un settore con molti margini di crescita. Cosa manca per una più capillare diffusione di queste tecnologie?
Probabilmente, l’elemento più importante che manca per far sì che queste tecnologie si diffondano anche all’interno di contesti pubblici è un contesto normativo che risulti favorevole e proattivo alla diffusione del Biorisanamento. In tal senso diventa necessario implementare strategie di comunicazione per sottolineare come queste soluzioni di intervento siano tanto efficaci quanto economicamente ed ecologicamente sostenibili.
Come quindi cercate di veicolare questo vostro messaggio innovativo anche in relazione alla vostra mission?
Il messaggio principale da far emergere in un settore come il nostro si traduce nella consapevolezza della nostra mission, che consiste nella preservazione del suolo, fondamentale risorsa non rinnovabile, che ha un ruolo imprescindibile in molteplici ambiti, dalla stabilità idrogeologica all’alimentazione, passando per la regolazione dei gas serra e la cattura della CO2. Come azienda ci proponiamo di diffondere il più possibile la nostra mission attraverso i nostri canali di comunicazione (come, ad esempio, i social media), il network con enti pubblici e aziende e la partecipazione ad associazioni sul territorio che si occupano di salvaguardia ambientale ed economia circolare.
Non è mai semplice comunicare concetti nuovi, specialmente tecnologie sconosciute alla maggior parte degli stakeholders coinvolti. In quest’ottica, la diffusione del Biorisanamento costituisce un’opportunità e, al contempo, una sfida.
Immagini gentilmente concesse da Biosearch Ambiente.
[1] Vineet K., Shahi S.K., Simranjeet S. (2018), Bioremediation: An eco-sustainable approach for restoration of contaminated sites, Microbial Bioprospecting for Sustainable Development (pp. 115 – 136)