di Emanuela Rosio
Intervista a don Bruno Bignami, teologo, presidente della Fondazione Don Primo Mazzolari e docente di teologia morale all’Istituto di scienze religiose di Crema, Cremona e Lodi, autore di “Terra, aria, acqua e fuoco. Riscrivere l’etica ecologica, 2012”.
Come la chiesa comunica l’ambiente?
La sensibilità ambientale all’interno della chiesa è cresciuta, ma era già nel suo DNA. L’uomo è creatura ed è ambientato, l’ambiente è dunque spazio relazionale, di incontro. La chiesa comunica su questo tema e ne è esempio l’istituzione della giornata della salvaguardia del creato del 1° settembre, nata in ambiente protestante e fatta propria dalla chiesa cattolica in ottica anche ecumenica.
Questa attenzione si traduce in quali messaggi?
C’è un’educazione più spicciola al quotidiano, ad esempio al modo di fare la spesa, più attenzione agli stili di vita, una relazione diversa con l’economia. Stiamo anche attendendo un’enciclica di papa Francesco dedicata ai temi ambientali.
Quindi è in atto un cambiamento?
Il cambiamento è nel codice comunicativo della chiesa, c’è una morale di consapevolezza, anzi se non si è consapevoli non c’è morale ma solo moralismo. La responsabilità nei confronti dell’ambiente è un’opportunità perché l’ambiente è vita e quindi custodirlo significa aver cura della vita.
E come lo sta comunicando la chiesa?
Credo che sia importante custodire il passaggio relazionale, utilizzare il dialogo e l’incontro diretto come media, inserire l’ecologia nella relazione tra le persone.
Come si configura in questo quadro lo spreco?
Lo spreco di energia, acqua, cibo è spreco di beni comuni ed è quindi l’anticamera dello scarto umano. In questo contesto qualcuno rischia di essere estromesso dall’accesso ai beni. Dobbiamo invece dare valore ai beni comuni perché sono il fondamento della vita. Ogni spreco significa sottrarre quel bene a qualcun altro e, in definitiva, sottrarlo alla condivisione che ne rappresenta il senso più pieno.