Dal 25 al 29 ottobre si è svolta la winter edition di Vision 2030, il festival del cinema eco-sostenibile. Il vincitore, scelto tra le opere di produzione locale, è “U figghiu” del regista Saverio Tavano, entrando di diritto tra i lavori in concorso nella prossima edizione di Vision 2030. Vision 2030 annuncia inoltre l’apertura della selezione nazionale e internazionale per il festival 2024 che si terrà sempre a Noto, a giugno. Ne parliamo con la direttrice artistica, Giulia Morello.
Che cos’è Vision 2030?
Vision 2030 è un premio cinematografico ambientale dedicato all’Agenda 2030 nato lo scorso anno con un duplice obiettivo: da un lato quello di selezionare opere cinematografiche attinenti ai 17 obiettivi dell’Agenda 2030 e dall’altro vuole diventare il festival di riferimento delle produzioni cinematografiche sostenibili.
Com’è nata l’idea del cinema ecosostenibile e che cosa vuol dire? Si cerca di limitare le emissioni anche nella produzione?
L’idea ci è nata da un’urgenza che riguarda tutti e tutte: quella ambientale. Gli effetti della crisi climatica sono sotto gli occhi di tutti e tutte noi. Crediamo che ognuno, secondo le proprie possibilità e competenze, debba dare il proprio contributo al raggiungimento dei 17 obiettivi dell’Agenda ONU.
Il cambiamento necessario per rispondere alla crisi climatica è di tipo culturale, facendo scelte diverse e sostenibili. L’industria cinematografica, così come tutte le altre, impatta e inquina ed è chiamata a rinnovarsi ridimensionando la propria impronta ambientale.
Per questo la cultura rappresenta a mio avviso la quarta dimensione dello sviluppo sostenibile. Da una parte il nostro settore è chiamato a sensibilizzare l’opinione pubblica offrendo nuovi immaginari, dall’altra è chiamata a fare la propria parte, riducendo le emissioni. Al momento esistono protocolli di sostenibilità cinematografica che si applicano alla fase di produzione.
Quali tematiche vengono affrontate?
Partendo dell’Agenda 2030, i temi sono molto vari e riguardano l’ambito sociale, ambientale con una grande attenzione ai diritti umani. Si tratta a tutti gli effetti di un concorso internazionale, che anche la prossima estate si terrà a Noto in Sicilia.
In genere quanti artisti partecipano?
È difficile dare un numero esatto. Abbiamo ricevuto molti documentari, ne sono stati selezionati tredici per il concorso. Oltre ai documentari abbiamo promosso molti eventi culturali collaterali al Premio, coinvolgendo anche le scuole di Noto (sempre in linea con la tematica ambientale) che hanno avuto un ottimo riscontro in termini di adesioni e partecipazione. Stiamo inoltre lanciando una call per riconoscere l’impegno sociale di giovani artisti esordienti e registi affermati. Vogliamo premiare l’arte che ispira il cambiamento e affronta le sfide dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Dal suo punto di vista, documentari e film sono efficaci per comunicare l’emergenza ambientale e spingere all’azione?
Sì, da sempre il mondo della cultura ha lo straordinario potere di offrire nuovi scenari e quindi nuovi sguardi. Far vedere che le cose si possono fare in modo diverso, non pregiudicando la qualità di un film, e anche risparmiando, credo che sia un messaggio molto importante da far passare sia agli addetti ai lavori che al pubblico.
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