A Bologna teatro e musica celebrano la lotta alla crisi climatica

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Sabato 26 ottobre, a seguito delle alluvioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna, circa duemila persone si sono riunite a Bologna per manifestare contro il consumo di suolo e le politiche che alimentano la crisi climatica e i sempre più frequenti eventi estremi.

La manifestazione, promossa da associazioni ambientaliste e sindacali (Comitato Besta, Legambiente, Rete emergenza climatica e ambientale Emilia-Romagna, Parents for future, Un altro Appennino è possibile, Cobas) si è conclusa in piazza Maggiore con un emozionante spettacolo da parte del collettivo musicale e teatrale creatosi spontaneamente per l’occasione, che racconta il delicato e tragico rapporto dell’uomo con la natura.

I protagonisti sono il Magnifico Teatrino Errante di Bologna, una compagnia teatrale inclusiva che ha sempre toccato temi sociali e ambientali. In questa occasione è stato rappresentato da Francesca Spano, Roberta Solinas e Cristian Barbieri. Alla voce e al violino Valentina Fabbri Valenzuela, attivista per i diritti umani e ambientali, cantastorie e musicista italocilena. Al tamburo e handpan Paolo Torno, alla voce e chitarra, Cecília Dardi, al mixer Lorenzo Albonetti. Tutti artisti impegnati per dare voce all’ambiente, alle minoranze e ai diritti.

Come vi siete incontrati?

Siamo sempre stati attenti ai temi ambientali ma dopo queste disastrose alluvioni che hanno colpito la nostra regione, abbiamo capito che è urgente cambiare il rapporto che abbiamo con la natura tramite la sensibilizzazione.

Il nostro incontro è stato molto spontaneo e improvvisato, grazie a Viviana, attivista di RECA che ci ha messo in contatto prima della manifestazione di sabato scorso. Questa è stata la nostra prima performance improvvisata, ci tenevamo a dare il nostro contributo, raggiungendo le emozioni prima ancora che la ragione, per dare un senso allo stato di amarezza e impotenza che spesso ci lascia la fine di una manifestazione.

Che cosa raccontava lo spettacolo teatrale?

Per la costruzione del testo abbiamo preso ispirazione da un racconto di esperienza vissuta a noi vicino, abbiamo immaginato un sogno: gli attori nuotano spensierati con grandi bracciate e l’acqua li avvolge, gioca con loro. Percepiscono l’acqua che man mano diventa sempre più irrequieta. Si svegliano: era solo un sogno, ma nella realtà stanno vivendo un vero incubo. L’acqua è arrivata e distrugge tutto ciò che incontra.

Quello che abbiamo voluto comunicare, parlando all’emotività e al profondo, è che la natura non agisce con crudeltà, non è buona né cattiva, semplicemente riprende gli spazi che noi stessi le abbiamo sottratto.

Abbiamo messo in dubbio lo stesso mantra di “ricostruzione”. Ecco alcuni pezzi del toccante monologo dell’acqua:

Mi chiamate sciagura quando con forza spazzo via ciò che ostacola il mio cammino. […] Pensate di dominarmi costruendo là dove nasco. Ma io travolgo, cullo, mi infrango. L’arroganza non mi appartiene è da voi che l’ho appresa.  Da me volete bere e mi colmate di scarti. Nel mio abbraccio volete nuotare e uccidete i miei figli. La vostra sete di ricchezza spezza l’equilibrio tra me e la terra. E allora io travolgo, mi infrango.

Poi si sono alternate musiche e canti. Con che criterio li avete scelti?

Le musiche sono state scelte in relazione alla bozza di testo, per vestire musicalmente i loro movimenti nella prima parte dello spettacolo.

L’energia condivisa del teatro in piazza è stata curativa, la musica ha accompagnato la riconciliazione con l’acqua: la semplicità ripetitiva de Los 4 elementos ha cullato con la forza della musica delle radici.

Il momento musicale finale si è creato invece ribaltando i ruoli, i movimenti teatrali hanno reagito al brano inedito di Cecilia, Potere Dannato, un testo di grande potenza, nella sua semplicità è rituale e ripetitivo, coinvolgente, a tratti pare un canto popolare. 

Crediamo sia importante fare arte, non per sé stessi, ma per sentirsi connessi e commossi come comunità. 

L’intento di questa canzone era proprio quello di unirci in un canto finale come un’unica piazza, per omaggiare la fatica, la forza e il dolore di tutti gli esseri umani che si prendono cura della vita in tutte le sue espressioni e la difendono con impegno.

Immagine di copertina: foto di Giuditta Pellegrini