La 29° Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici si è svolta a Baku in Azerbaigian ed è durata dall’11 al 22 novembre 2024.
Sono stati circa 200 i paesi partecipanti, tra cui anche l’Italia, tuttavia molti dei paesi del G20 erano assenti, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna tra i più importanti.
Nelle ultime settimane i media nazionali e internazionali hanno focalizzato l’attenzione proprio su questo argomento.
Tema principale delle discussioni, e quindi anche il più raccontato dai media, è legato alla “finanza climatica”. Si tratta della quantità di aiuti economici che i paesi più ricchi, maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra, devono impegnare per sostenere i paesi meno sviluppati economicamente.
Trattative a rilento e complicate a causa di un atteggiamento generale di egoismo e poca fiducia negli altri partner.
I risultati sono inevitabilmente “al ribasso” e come sottolineato, per esempio su Lifegate, “a perderci siamo tutti”. Meno risorse metti a disposizione della comunità, più è difficile ottenere l’obbiettivo finale e di interesse generale.
La cifra di 1300 miliardi all’anno, inserita nella seconda bozza e poi confermata nel testo finale, è considerata da molti come insufficiente e non è neanche specificato chi debba in concreto stanziare tale cifra.
Solo 300 di questi arriveranno sotto forma di contributi o prestiti a basso interesse, il resto in maniera ancora incerta e non meglio specificata.
Significativo che nella prima bozza gli Stati sono definiti come decisori, mentre nel testo definitivo gli stessi sono “invitati” a lavorare insieme. La richiesta iniziale dei paesi africani e della Cina era per un impegno di 1,5 trilioni di dollari.
Interessanti gli approfondimenti sulla posizione del paese ospitante, l’Azerbaigian, uno dei massimi produttori ed esportatori mondiali di gas fossili e divisi politicamente tra Russia ed Europa.
L’attuale presidente Ilham Aliyev è anche considerato a capo di un governo autoritario che negli anni scorsi ha portato avanti una guerra contro l’Armenia per il controllo della regione azera di Nagorno – Karabach.
All’interno della conferenza lo stesso presidente prima ha definito il gas e il petrolio come “doni di Dio, come il sole e il mare” e poi ha accusato di ipocrisia gli stati occidentali che acquistano il gas azero.
Varie testate giornalistiche italiane descrivono la trattativa come uno scontro tra “ricchi e poveri”, versione dei fatti semplificata, ma sicuramente di maggiore comprensione.
Molto accurata la cronaca sviluppata da Rainews.it, mentre Il Post si è focalizzato su alcuni temi particolari come la grande presenza di lobby petrolifere e quelle legate alla transizione energetica, il cui valore secondo studi recenti è già oltre i 700 miliardi di dollari.
All’estero il The Guardian ha seguito con molto interesse i fatti di Baku anche con una live. Il giornale nato a Manchester da anni segue con interesse i fatti legati all’ambiente alla crisi climatica e anche in questo caso ha prodotto diversi articoli a riguardo portando punti di vista diversificati.
Al Jazeera, invece, sottolinea come l’accordo non sia all’altezza delle aspettative e mette in risalto soprattutto la posizione dei paesi in via di sviluppo che hanno definito la bozza di accordo come “uno scherzo”.
Nei primi giorni della Cop29 in Italia ha trovato ampio spazio l’intervento dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha ribadito i punti essenziali del programma di governo in tema di ambiente ed energia.
Tra questi l’importanza della neutralità tecnologica e la conferma di voler puntare anche su “gas, biocarburanti, idrogeno e stoccaggio del carbonio”.
La fonte di energia alternativa più citata dalla prima ministra è il nucleare e in particolare la fusione “che potrebbe produrre energia pulita, sicura e illimitata” e su cui l’Italia sarebbe “in prima linea”.
Secondo molti esperti internazionali però la fusione nucleare sarebbe una tecnologia attualmente solo studiata in ambito sperimentale e nessun paese sarebbe in grado di produrre energia in questo modo prima del 2050.
Alcune testate giornalistiche hanno sottolineato anche che Meloni a Baku si è limitata ribadire impegni già presi dal governo senza però annunciarne di nuovi e di più sostanziali.
Relativamente poco lo spazio mediatico concesso alle proteste organizzate durante la conferenza, nonostante la presenza di migliaia di attivisti e molte associazioni ambientaliste.
La richiesta ai potenti del mondo è di cessare l'utilizzo di combustibili fossili, una necessità primaria per uscire dall'attuale crisi climatica.
All’interno della Cop e nella bozza di accordo finale però, impegni vincolanti di questo tipo mancano, e anche nel racconto mediatico è stato spesso messo in secondo piano rispetto al lato economico.