Ogni anno in Italia si producono 500 metri cubi di rifiuti radioattivi: negli ospedali, nelle industrie, nei laboratori di ricerca, oltre a quelli che vengono prodotti dalle attività di smantellamento degli impianti nucleari affidate a Sogin, la società pubblica 100% ministero dell’economia e delle finanze. Sullo smaltimento di questi rifiuti, tuttavia, il nostro Paese non è andato avanti. Non esiste, infatti, un’infrastruttura che permetta la loro messa in sicurezza definitiva.
Il Decreto Legislativo n. 31 del 2010 ha previsto per l’Italia la realizzazione di un Deposito Nazionale unico, che permetterà di sostituire le decine di depositi temporanei che al momento custodiscono in via provvisoria i rifiuti radioattivi italiani.
L’iter del Deposito è ancora in corso (la mappa delle aree idonee a ospitare il Deposito doveva arrivare ad agosto, insieme a un “Programma Nazionale per la gestione responsabile dei rifiuti radioattivi”). Intanto però Sogin – che ha il compito di localizzare, progettare, realizzare e gestire il Deposito – ha svolto una prima campagna informativa sul tema rivolta alla cittadinanza. Ne parliamo con il Direttore delle Relazioni Esterne di Sogin, Federico Colosi.
Colosi, in che cosa consiste la vostra campagna di comunicazione?
Prima di tutto per “comunicare” il Deposito, siamo partiti dalla domanda: “Cosa sanno gli italiani di rifiuti radioattivi e di nucleare?”. Tramite un questionario telefonico somministrato a 11.500 cittadini abbiamo rilevato che il 70% ritiene di essere poco o per nulla informato, in particolare nelle fasce d’età 16-24 anni e 65-74. Più della metà degli intervistati inoltre associa i rifiuti radioattivi all’industria e alla ricerca mentre solo il 39% li associa allo smaltimento degli impianti nucleari. Addirittura quasi la metà degli italiani non sa dell’esistenza di centrali nucleari sul suolo nazionale.
Attraverso le nostre domande siamo arrivati a scoprire che quasi il 50% sarebbe favorevole a realizzare un Deposito Unico di rifiuti radioattivi. Il 40% è invece sfavorevole in quanto teme possibili gravi conseguenze, tipo esplosioni, che comportino disastri. Questo dimostra quanto poco si conosca in materia di gestione dei rifiuti radioattivi: la parola nucleare evoca in molte persone ancora Chernobyl e dunque l’esplosione, cui facevo riferimento prima. Ma nel caso del Deposito di rifiuti radioattivi è un rischio che non c’è.
Le persone da voi intervistate chiedono il rispetto della trasparenza. Una campagna di comunicazione è quindi lo strumento principale per ottenere questo obiettivo.
Colmare il gap informativo, totale trasparenza su tutti gli aspetti del progetto e del processo, coinvolgimento di tutti gli stakeholder: questa, in sintesi, è la nostra mission comunicativa. Comunicare il deposito significa prima di tutto spiegarne la validità del progetto. Per questo abbiamo creato una piattaforma web, il sito www.depositonazionale.it che traduce i tecnicismi in un linguaggio più semplice e fruibile da tutti. Inoltre nel maggio 2015 abbiamo realizzato Open Gate: per la prima volta le 4 centrali nucleari sono state aperte ai cittadini: Chi voleva partecipare poteva iscriversi online, senza corsie preferenziali. Di queste centrali tra l’altro stiamo pubblicando sul sito della società www.sogin.it tutti i dati riguardanti i monitoraggi ambientali e l’avanzamento delle attività.
La comunicazione via web è stata efficace?
Il sito ha contato oltre 400mila visite anche grazie al teaser caricato per 60 giorni su YouTube che ha portato altre 600mila visualizzazioni. Poi, oltre alla carta stampata, ci siamo rivolti anche alla tv con le difficoltà di spiegare tutto in uno spot da 30 secondi. Tutto questo fa parte di un percorso di coinvolgimento della popolazione. Non solo tramite i media: abbiamo indetto pure un concorso di idee per la progettazione del Parco Tecnologico, che sorgerà accanto al Deposito, che sarà un centro di ricerca sui rifiuti radioattivi e la salvaguardia ambientale. Abbiamo ricevuto 73 proposte di progettazione che ora stiamo valutando.
A che punto siamo con il Deposito? E quando verrà pubblicata la mappa delle aree idonee? Come spiegarla alla cittadinanza?
Siamo in attesa del nulla osta dai Ministeri dello Sviluppo Economico e Ambiente per pubblicare la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi). La pubblicheremo sul sito depositonazionale.it assieme al progetto preliminare e a tutti i documenti che hanno contribuito alla loro stesura, così che chiunque potrà consultarli. Questa pubblicazione avvierà un periodo di 4 mesi di consultazione pubblica; contemporaneamente apriremo tre infopoint e attiveremo un indirizzo email dedicato. Infine con ciascuna Regione coinvolta attiveremo dei tavoli di confronto e organizzeremo dei seminari sul territorio. Tenete in considerazione che le aree da noi individuate rispondono a 28 criteri stabiliti dalla Guida Tecnica 29 dell’ISPRA, l’autorità di controllo in campo nucleare italiano.