Ripensare i centri urbani per garantire ad ogni cittadino e cittadina di spostarsi e raggiungere i servizi essenziali in massimo 15 minuti di viaggio, in bici o a piedi. Un modello ideato nel 2016 da Carlos Moreno, professore universitario alla Sorbona di Parigi, denominato Città dei 15 minuti.
La capitale francese, non a caso, è poi diventata tra le prime metropoli ad adottare in modo sistematico questo modello di sviluppo e nel 2020 la sindaca Anne Hidalgo lo ha anche elogiato durante la campagna elettorale.
Recentemente a Roma, i Sony Computer Science Laboratories (CSL) si sono occupati dell’argomento sviluppando una piattaforma online che sfrutta i dati GPS per mappare le diverse parti di una città, valutando i parametri legati agli spostamenti in 15 minuti.
L’applicazione permette di scegliere secondo quale fattore valutare la singola città, ad esempio istruzione, negozi di alimentari, attività culturali o mobilità.
Firenze è un esempio di sviluppo urbanistico ottimale rispetto al raggiungimento di attività culturali, mentre Milano è efficiente circa la presenza di stazioni degli autobus, stazioni ferroviarie e taxi.
Parallelamente alla piattaforma, alcuni ricercatori dei Sony CSL, hanno pubblicato uno studio in cui sono state analizzate le varie città e le mappe prodotte dall’applicazione. Il lavoro mette in evidenza le disuguaglianze che si riscontrano nell’accessibilità ai servizi da parte di molti cittadini, in particolare per quelli che vivono nelle periferie.
C’è inoltre un importante risvolto comunicativo: per poter mettere in atto tutte le strategie necessarie a rendere una città più sostenibile, è necessario prima di tutto conoscere a fondo il luogo e rendersi conto delle lacune da colmare, come il potenziamento generale dei trasporti pubblici o una diffusione più capillare di questo servizio.
Il modello di città elaborato dal professor Moreno trova come suo principale ostacolo l’idea di “città diffusa” (urban sprawls) che ha avuto molto successo negli anni ’50 e ’60 e che ha prodotto città molto estese e divise in aree funzionali.
Varie città italiane seguono il modello di “città diffusa“, dove troviamo quartieri residenziali, industriali o istituzionali. Un’organizzazione che consuma molto suolo e costringe ogni abitante ad effettuare lunghi spostamenti, producendo inquinamento. All’interno di una città estesa i mezzi pubblici sono per inoltre svantaggiati rispetto ai mezzi privati, più veloci nel percorrere grandi distanze.
Le critiche al modello della “città diffusa” sono precedenti al 2016. Già nel 1929 Clarence Perry, celebre urbanista, introduceva a New York il concetto di unità di vicinato. Un’ idea che nasceva con l’obbiettivo di distribuire nel modo più equo possibile i parchi giochi per bambini di modo che potessero essere raggiunti anche a piedi.
Quasi 100 anni dopo l’idea di rendere le nostre città maggiormente sostenibili, anche basandosi sul fattore della prossimità dei servizi, si sta sviluppando sempre maggiormente, attraverso progetti di mobilità sostenibile ed una migliore organizzazione dello spazio urbano, rifacendosi al modello ideato dal professor Moreno.
Abbiamo parlato di progetti relativi alla mobilità sostenibile anche in questo articolo e molti altri.