Il nudge può essere la cerniera che ci avvicina alla sostenibilità

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La collana New Fabric di Pacini Editore ospita al suo interno il nuovo libro “La Cerniera. La spinta gentile verso la sostenibilità”.

Protagonista è proprio il nudge, la spinta gentile: un approccio di origine anglosassone che porta a collaborare le teorie psicologiche del comportamentismo con l’economia, per generare cambiamenti positivi nell’agire delle persone, slegati da ogni coercizione.

Ne abbiamo parlato con l’autrice Irene Ivoi, industrial designer da sempre con una particolare attenzione verso i temi dell’economia circolare.

Dove nasce la necessità di scrivere questo libro?

Pacini Editore mi ha chiesto di sviluppare un testo che potesse colmare la mancanza di trattazioni riguardo il nudge, applicato alla sostenibilità.

Ho voluto dare un’organizzazione alle mie conoscenze e a ciò che ho appreso negli ultimi anni, con l’obiettivo di portare l’argomento fuori dalle aule universitarie. Così il nudge ha potuto trovare spazio nella quotidianità, aiutando la sostenibilità a trovare un’applicazione concreta, oltre la sua semplice trattazione teorica.

Quale capacità comunicativa pensi possa avere la metafora della “cerniera” come facilitatore nella congiunzione tra ciò che pensiamo di poter fare e ciò che realmente facciamo a favore della sostenibilità?

È una metafora forte: nessuno ha mai definito i nudge delle cerniere.

Ci potrebbero essere molte altre metafore per definire le spinte gentili, ma questa allude e incuriosisce.

In termini comunicativi può essere molto potente. Solitamente i libri che parlano di sostenibilità e ambiente usano parole come necessità o allarme, che in qualche modo richiamano all’urgenza: ho voluto invece alludere ad altro con la speranza di suggerire una propensione positiva ad agire.

Hai utilizzato nel primo capitolo esempi concreti che si rifanno alla quotidianità per avvicinare a comportamenti più sostenibili. Qual è la chiave vincente di questa comunicazione?

Il capitolo si concentra su nove brevi storie. Racconta esempi terribilmente pratici per spingere le persone ad immaginare che, anche rispetto a situazioni che definisco granitiche, apparentemente ingessate e non scalfibili, in realtà esiste la possibilità di portare cambiamento. 

È un capitolo pensato ad arte per introdurre in maniera leggera verso ciò che può essere un cambiamento senza obblighi e talvolta senza strumenti o risorse. È un invito a pensare che anche situazioni impossibili possono mostrare fragilità su cui si può intervenire.

Quale cambiamento può innescare nei lettori questo libro?

Penso che questo libro possa aprire la mente e aiutare a trovare modalità aggiuntive, non sostitutive, di intervento, nei contesti in cui si opera come decision maker.

Da imprenditori a decisori politici a operatori di associazioni e onlus, chiunque può trovare ispirazione da questi contenuti per suggerire e innescare l’applicazione di best practise per facilitare il successo di un’azione.

Hai dedicato un’appendice alle istituzioni: hai mai trovato ostilità verso il nudge da parte loro?

Purtroppo, le istituzioni non conoscono bene questo termine e questa modalità di approccio. Spesso alcune dinamiche in atto al loro interno hanno già ingredienti riconducibili al nudge, nonostante non ne siano a conoscenza.

I facilitatori potrebbero essere i giovani che hanno appreso durante l’università l’argomento nel contesto del behavioural design, dunque il design comportamentale. Pur con alcune difficoltà, c’è possibilità che le nuove generazioni siano in grado di immaginarne l’uso e l’applicazione in diversi contesti, come la sostenibilità, e dunque anche le inaspettate potenzialità.

Oltre la formazione accademica ci sono, secondo te, altre modalità per avvicinare al nudge?

Se ne dovrebbe parlare all’interno di festival e podcast, e anche le public utilities dovrebbero far buon uso di questo concetto. 

Nel libro parlo della bolletta dell’energia come un progetto politico, che può andare oltre il mero obbligo di pagare un servizio entro una scadenza, se progettata con tecniche nudge.

Se si applica il principio della norma sociale nella costruzione di una bolletta è dimostrato che la lettura della stessa può attivare positivi cambiamenti e spostare l’attenzione dell’utente sui propri consumi.

È ben evidente, dunque, il potenziale che si può trarre da queste tecniche di ingaggio. Il libro, infatti, non invita a sostituire strumenti o tecniche in uso, ma semplicemente ad integrarne altri.

La gentilezza può farci raggiungere tutti gli obiettivi?

Attiva reciprocamente comportamenti di empatia e di restituzione della gentilezza offerta.

Le modalità con cui si contrasta il fenomeno del littering ne sono un esempio: se una persona getta a terra un mozzicone di sigaretta, un rimprovero menzionando divieti quasi sicuramente non sarà efficace.

Se invece si offre a questa persona un posacenere tascabile per il suo mozzicone, si evita un gesto sbagliato e contemporaneamente di offre uno strumento positivo. Si attiva così, attraverso un gesto gentile, un buon comportamento che potrebbe poi generarne altri.

Se si riesce ad esercitare, la gentilezza difficilmente avrà ripercussioni negative, nella peggiore delle ipotesi potrebbe non avere alcun effetto.

Non si ha nulla da perdere ad essere gentili, soprattutto traducendo una parola in un atto che può generare buoni risultati nella sostenibilità ambientale.

Il libro La Cerniera ci mostra poi che possiamo andare anche oltre questo tipo di scambio gentile, attraverso molteplici ingredienti e strumenti, come il rinforzo positivo e la norma sociale, che accompagnano verso nuovi e positivi schemi comportamentali.

Immagine di copertina: Roberto Rubini