La Cop16 bis a Roma nell’ombra per i maggiori media italiani

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A Roma, presso la sede della FAO, si è riunita dal 25 al 27 febbraio la Cop16, la Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (Cbd). I lavori erano iniziati lo scorso novembre a Cali in Colombia, poi sospesi per la mancanza del quorum di presenze.

Questa volta i rappresentanti dei 196 paesi aderenti alla Convenzione, non senza fatica, sono arrivati ad un accordo di massima, riguardo la gestione dei finanziamenti per la salvaguardia della natura.

Nello specifico l’obbiettivo era di istituire e regolamentare un fondo, il Global biodiversity framework fund (Gbff), da impiegare per la conservazione della biodiversità.

L’accordo trovato riguarda un flusso di finanziamenti internazionali di 20 miliardi di dollari all’anno per il 2025, 30 entro il 2030 e poi arrivare, entro il decennio, alla cifra di 200 miliardi di dollari l’anno.

Il Gbff fa parte del “Kunming-Montreal global biodiversity framework” approvato nel dicembre del 2022 con la Cop15. Si tratta di un piano d’azione globale basato sul raggiungimento di 4 obbiettivi:

  1. protezione e ripristino della biodiversità
  2. uso sostenibile delle risorse naturali
  3. equa condivisione dei benefici
  4. adeguato sostegno finanziario supportato da una rete internazionale efficace
Durante il primo giorno di lavori, alle porte della FAO si sono svolti anche flash mob e performance di protesta dei movimenti ambientalisti. Lo scopo è sollecitare un impegno politico e finanziario più ambizioso nella tutela della biodiversità.

Ancora una volta è doveroso segnalare come la notizia abbia trovato scarso rilievo nei principali media italiani.

Gli obiettivi e i tre giorni di lavoro sono stati raccontati quasi esclusivamente dalle testate che si occupano di temi ambientali. La Redazione di Scienza in rete, che tratta di attualità e cultura scientifica, ha prodotto articoli completi e allo stesso tempo chiari e comprensibili.

Tra i problemi messi in risalto quello di voler affrontare le questioni legate al mondo naturale come fossero argomenti separati, biodiversità, clima, suolo, acqua o plastica, e non, invece, come tutti strettamente collegati.

Wired sottolinea che il governo italiano ha mandato un suo rappresentante solo in extremis, pur essendo paese ospitante e che la Cop29, tenutasi a Baku nel novembre scorso e denominata “la Cop della finanza”, a livello mediatico ha avuto molto più seguito.

Ferdinando Cotugno, autore anche della interessante newsletter Areale, sulle pagine di Domani mette in evidenza gli esiti geopolitici del meeting. La contrapposizione tra paesi ricchi e paesi più poveri o in via di sviluppo si è resa esplicita nel decidere come utilizzare i fondi, con quali regole e quali condizioni.

I primi preferivano utilizzare un fondo finanziario già esistente, chiamato Gef, con sede a Washington; i secondi, maggiormente interessati a livello ambientale, chiedevano di utilizzare un nuovo fondo gestito direttamente dalla Cop, quindi meno condizionato dalla geopolitica.

Il compromesso raggiunto prevede di prendere tempo. E’ stata decisa una roadmap con scadenza nel 2030 per trovare un nuovo modo di raccogliere e distribuire tali finanziamenti.

Rispetto all’esito negativo del meeting di Cali i lavori a Roma hanno certamente prodotto alcuni risultati positivi. Ad esempio, come spiegato dalla ministra colombiana Susana Muhamad, questo bis “ha dato gambe, braccia e muscoli” agli obiettivi decisi alla Cop15 di Montreal.

Preoccupano invece i continui rimandi in tema finanziario, soprattutto perché bloccano o rallentano molte iniziative concrete in tema di ripristino e salvaguardia della biodiversità ambientale.