Comunicare il costo del clima: uno studio da leggere (e diffondere)

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Il clima che cambia non è solo una minaccia ambientale: è anche un costo a livello economico.

Lo dimostra un recente studio pubblicato su Environmental Research Letters (2024), secondo cui un aumento della temperatura globale oltre i 3°C potrebbe portare a una riduzione del PIL pro capite mondiale fino al 40% entro il 2100. 

Un dato allarmante, che ridisegna le implicazioni del riscaldamento globale con un linguaggio concreto: quello dell’impatto sulle risorse, sulle disuguaglianze e sulle prospettive di sviluppo.

La ricerca, guidata dall’Università del New South Wales e basata su dati raccolti in oltre 160 Paesi, sottolinea che anche limitando il riscaldamento a +2°C si registrerebbe una perdita media del 20% del PIL globale.

Solo uno scenario coerente con l’Accordo di Parigi (+1,5°C) consentirebbe di contenere i danni economici sotto il 10%.

L’analisi prende in considerazione effetti diretti, come l’impatto su agricoltura e produttività, e indiretti, come eventi estremi e danni alle infrastrutture.

Le regioni tropicali, tra cui l’Africa sub-sahariana e il Sud-Est asiatico, risulterebbero le più colpite, aggravando le disuguaglianze globali.

Questi risultati sono coerenti con altre proiezioni: secondo il Sixth Assessment Report dell’IPCC (2023), il cambiamento del clima avrà impatti economici crescenti e sproporzionati, soprattutto per i Paesi a basso reddito. Un report di Swiss Re (2021) stima inoltre che un aumento di 3,2°C potrebbe comportare una perdita del 18% del PIL globale entro il 2050.

Il valore di questo nuovo studio non risiede solo nei numeri, ma nel modo in cui questi dati parlano a cittadini, imprese e istituzioni.

L’economia è infatti un linguaggio universale, capace di rendere tangibili le conseguenze di fenomeni troppo spesso percepiti come lontani. Inserire la crisi climatica nel dibattito economico è un passo essenziale per rendere visibile l’urgenza dell’azione.

Anche per questo, la comunicazione scientifica gioca un ruolo cruciale. Diffondere con chiarezza questi risultati significa contribuire a costruire consapevolezza e a orientare le scelte pubbliche e private verso la transizione ecologica.

Serve una narrazione che unisca rigore e accessibilità, e che sia capace di superare la dicotomia tra allarmismo e negazionismo.

In un momento in cui la retorica del “tornare indietro” trova spazio in alcuni ambiti politici e mediatici, studi come questo ci ricordano che non agire ha un costo elevatissimo, non solo per l’ambiente, ma per l’intero sistema socioeconomico globale.

Comunicarlo in modo efficace è parte integrante della soluzione.