Si è conclusa il 5 giugno, Giornata Mondiale dell’Ambiente, la 19^ edizione del festival CinemAmbiente di Torino. Ecco i film vincitori del 2016.
Palmares
- CONCORSO INTERNAZIONALE DOCUMENTARI
La Giuria composta da Nicolò Bongiorno, Giulia Camilla Braga, Tommaso Cerasuolo, Anastasia Laukkanen, Peter O’Brien assegna il premio di 4000 euro, offerto da Asja, per il Miglior documentario internazionale a:
When two worlds collide (Perù, 2016, 100’) di Heidi Brandenburg e Mathew Orzel
- CONCORSO DOCUMENTARI ITALIANI
La Giuria, composta da Michele Mellara, Anselmo Pessoa Neto, Gaetano Renda, assegna il premio di 2000 euro, offerti da CIAL, per il Miglior documentario italiano a:
Attraverso le alpi (Italia , 2016, 80′) di Giancarlo Bertalero e Filippo Ciardi
- CONCORSO INTERNAZIONALE ONE HOUR
La Giuria, composta da Cosima Dannoritzer, Maribel Guevara, Petra Holzer, assegna il premio di 2000 Euro offerto da SMAT al Miglior mediometraggio a
La jeune fille et les typhons (Francia, 2015, 52’) di Christoph Schwaiger
- PREMIO FOOD SMART CITIES di € 1.000:
Bugs (Danimarca, 2016, 76’) di Andreas Johnsen
- PREMIO DEL PUBBLICO IREN offerto da IREN € 1.000,00:
The babushkas of chernobyl (USA 2015, 70’) di Anne Bogart e Holly Morris.
- PREMIO AMBIENTE E SOCIETÀ – GIURIA ARCOBALENO:
La lunga strada gialla (Italia, 2016 – 80’) di Christian Carmosino e Antonio Oliviero
- MENZIONE SPECIALE LEGAMBIENTE:
Devil comes to koko (Italia, 2015 – 49’) di Alfie Nze
- MOVIES SAVE THE PLANET AWARD a: Jacques Perrin
Si segnala inoltre l’intervento di Luca Mercalli, avvenuto durante la serata d’inaugurazione di CinemAmbiente. Il climatologo è partito con l’evidenziare che il 2016 è stato l’anno più caldo (assieme al 2007) della storia del mondo, da quando si è cominciato a registrare le temperature (intorno al 1850). In particolare, marzo 2016 si è aggiudicato il titolo di mese più rovente di sempre. Infatti, dal 1960 – gli anni del boom consumistico – il clima mondiale ha inanellato una straordinaria sequenza di record progressivamente crescenti. Assieme al fenomeno oceanico El Niño, i principali responsabili di questa situazione allarmante sono le emissioni di CO2 (o anidride carbonica) nell’atmosfera, derivanti dalla combustione delle fonti energetiche fossili (petrolio, gas e carbone). Le conseguenze? Oltre all’aumento generalizzato delle temperature, l’intensificarsi dei fenomeni meteorologici estremi come le cosiddette bombe d’acqua. Tra gli altri effetti, nello specifico il surriscaldamento dei mari ha comportato per esempio lo sbiancamento dei coralli, che sono una fonte preziosissima di biodiversità. Oppure un vero e proprio “infarto” del sistema climatico nell’Artico, dove la banchisa di ghiaccio – utile nel respingere le radiazioni solari – collassa su isole di roccia. Il problema è che, diversamente dagli addetti ai lavori, le persone comuni rimangono spesso all’oscuro di queste drammatiche notizie, che passano per lo più in sordina sui mezzi di comunicazione. Inoltre, i risultati delle pubblicazioni scientifiche sovente non vengono nemmeno presi in considerazione dai decisori politici. Ancor peggio, gli economisti appaiono solitamente troppo incantati dal mantra della “crescita a tutti i costi”, per ascoltare il grido della Terra e degli emarginati del globo.
Fortunatamente un segnale di cambiamento c’è stato durate la recente Cop21 di Parigi, in cui 175 Paesi hanno firmato un accordo che prevede il contenimento dell’innalzamento delle temperature entro i 2°C. L’approvazione della convenzione quadro rappresenta certamente un buon risultato diplomatico, anche se non è sufficiente per le leggi della fisica, che non aspettano i negoziati degli uomini. Il rischio è che, ad esempio, tra qualche decennio in una città come Torino si creino le condizioni per un clima tropicale.
Parecchie cose, dunque, sono cambiate in seno alla nostra biosfera dal 1998, primo anno di “Cinemambiente”: più popolazione umana (circa 1,5 miliardi), più CO2, meno ghiaccio, un più alto livello dei mari. Questa catena di eventi ha fomentato, tra l’altro, le migrazioni di massa dai territori maggiormente colpiti da calamità naturali, come la Siria. Qui, infatti, si è registrata una dura siccità nei decenni addietro, che ha sicuramente aggravato le condizioni di vita degli abitanti, preparando così il terreno per il conflitto che sta martoriando quelle zone che furono un tempo la culla della civiltà. Onde evitare il ripetersi di eventi simili occorre perciò intraprendere una lungimirante opera di mitigazione e adattamento in loco, seguendo il principio della resilienza. Solo in questo modo possiamo controllare il rischio di altre tragedie naturali e, quindi, umane, come sta purtroppo succedendo in molti atolli oceanici, devastati da catastrofi ambientali e sociali.