Gita a Minamata, Giappone, accompagnati dalle immagini “potenti” di “Minamata: The Victims and Their World”, un bel documentario del 1971 di Noriaki Tsuchimoto. Il primo di una serie di documentari che il regista realizzò sull’inquinamento da mercurio di Minamata: una baia ed una città omonima dell’isola di Kyushu; non molto distante dalla città di Nagasaki.
Il mercurio nella catena alimentare
Come ci racconta il documentario, negli anni ‘50 e ’60, il mercurio, proveniente dagli scarichi industriali di una fabbrica, entrò nella catena alimentare concentrandosi nei pesci e nei molluschi della baia, alimenti abbondantemente consumati dalla gente del posto. I primi casi del morbo furono infatti osservati nei pescatori che consumavano il pesce contaminato e nei loro familiari.
Nell’aprile del 1956 una bambina di 6 anni, figlia di pescatori, manifestò sintomi di una malattìa cerebrale sconosciuta. Ben presto il fenomeno assunse le dimensioni di un’epidemia: ufficialmente ci furono 234 morti e 1300 intossicati gravi. I sintomi erano: sonnolenza, depressione, nausea, disturbi nervosi, diarrea e infine paralisi e morte. All’inizio non si riusciva a trovare in alcun modo la causa di questa strana malattia, finché non si notò che venivano colpiti specialmente i pescatori e i gatti, la cui alimentazione era ovviamente a base di pesce.
Vennero analizzati i pesci e i molluschi della baia e le analisi rivelarono un’altissima quantità di mercurio. Si scoprì così che un vicino stabilimento industriale scaricava in mare rifiuti di lavorazione contenenti un’alta percentuale di mercurio. Ma mentre nell’acqua la concentrazione del mercurio era solo 30 volte più del normale, nella carne dei pesci era da 1.000 a 10.000 volte più elevata, fino a diventare un pericolo mortale per l’uomo.
Si dovette però attendere il 1968 perché il governo giapponese riconoscesse ufficialmente la correlazione tra il morbo di Minamata, che aveva prodotto danni permanenti a decine di migliaia di persone e causato centinaia di decessi, e l’inquinamento da scarichi di mercurio riversati nelle acque marine dall’azienda chimica Chisso Minamata.
Un processo da 30mila persone
Furono, nel tempo, come evidenzia il documentario, intentati numerosi procedimenti civili, da parte di gruppi di malati o parenti di persone decedute per il morbo, contro il governo giapponese, considerato responsabile di norme troppo restrittive nel riconoscimento della malattia. Solo nell’ottobre del 2004 la Corte Suprema giapponese dichiarò enti locali e governo responsabili del disastro ecologico di Minamata intimando il pagamento di risarcimenti. La tardiva decisione lasciò solo in parte soddisfatte le parti lese.
Nel contenzioso furono coinvolte ben 30.000 persone, molte delle quali attendono ancora il riconoscimento “legale” della propria malattia.
Solo nel luglio 1997, dopo la dichiarazione in merito alla sicurezza del consumo di pesce e molluschi della baia, furono rimosse le reti che per un trentennio avevano impedito al pesce contaminato dal mercurio di disperdersi in mare aperto: l’atto ebbe anche il valore simbolico di “lasciarsi alle spalle” la pesante eredità dell’immenso danno ambientale causato dall’inquinamento industriale.
Agli inizi degli anni ’70 il grande fotografo William Eugene Smith e sua moglie Aileen andarono a vivere a Minamata. Smith realizzò una serie di celebri scatti, in special modo un ritratto di una madre che fa il bagno al figlio sedicenne orrendamente deformato dal morbo. Smith passò un anno intero a scattare fotografie che turbavano profondamente chi le vedeva contribuendo alla misconosciuta causa degli affetti dal morbo, dopodichè venne ferito gravemente dai sicari della Chisso. La vicenda è ricordata da Susan Sontag ne “Davanti al dolore degli altri”.
140 giornate di riprese
Nel suo straordinario documentario Noriaki Tsuchimoto, assembla ben centoquaranta giorni di riprese ed interviste agli abitanti di Minamata, raccontando l’intero corso degli accadimenti legati all’inquinamento, con un risultato realistico che muove le coscienze: le loro sofferenze, le loro relazioni intercomunitarie, le risposte evasive della Chisso, i depistamenti, la lentezza del governo, le loro tenaci lotte, la loro basilare, ancestrale relazione con un mare divenuto poi avvelenato per la furia produttivistica e senza scrupoli di una fabbrica.
La versione originale giapponese è lunga 167 minuti, quella acquistabile in rete, con sottotitoli in inglese (curata dallo stesso Noriaki Tsuchimoto), è di 120 minuti.
Minamata con la sua storia d’inquinamento rappresenta oggi un monito sempre valido, un’allerta presente sul rapporto che deve esserci tra gli esseri viventi ed il mondo che li circonda; la sofferenza dei pescatori e degli abitanti di quella bella, remota baia, aprirono gli occhi del mondo davanti all’inquinamento da mercurio che può distruggere la fauna ittica e divenire causa di morte per l’uomo.