di Francesca Davoli
Jorge Mario Bergoglio, primo pontefice dell’ordine religioso dei Gesuiti, ha scelto per la prima volta il nome di Francesco. Una scelta che conferma giorno dopo giorno, ricontestualizzando il messaggio di San Francesco d’Assisi e attualizzandolo sulla base delle emergenze dettate dall’epoca contemporanea.
L’ambiente – e l’uomo – sono infatti al centro delle sue preoccupazioni. Nell’agenda del Papa, un’intera settimana del mese di marzo sarà dedicata a finalizzare l’Enciclica sull’Ecologia. Partendo da una prima bozza redatta dal cardinale Turkson con la sua équipe, Bergoglio è già alla terza bozza e conta per la fine di Marzo di arrivare alla versione definitiva, in modo da divulgarne le versioni tradotte intorno a giugno/luglio. In una recente intervista, Papa Francesco si è detto deluso dall’incontro COP20 tenutosi a Lima. “L’incontro in Perù non è stato un granché. A me ha deluso la mancanza di coraggio: si sono fermati a un certo punto” Per questo spera di riuscire a terminare il lavoro sull’Enciclica quanto prima, così da poter apportare un contributo concreto ai lavori che si terranno a fine 2015 in occasione del COP21 a Parigi, incontro nel quale il Papa spera che i “rappresentanti siano più coraggiosi”.
L’interesse del Papa per le tematiche ambientali si è manifestato sin dall’inizio del suo pontificato, e da quando si è insediato ha pronunciato diversi discorsi volti a sensibilizzare sugli argomenti inerenti il cambiamento climatico, lo sfruttamento delle risorse, l’insostenibilità del modello di sviluppo attuale sul vivere dell’uomo e sul pianeta.
La vera originalità del suo discorso però sta nell’approccio scelto per parlare di questi temi così cari a noi comunicatori ambientali. Il Papa affronta queste questioni riconducendole sempre all’uomo e alla sua natura profonda, ampliando così il discorso e rendendolo geograficamente, culturalmente e socialmente trasversale. Inoltre, la capacità di diffusione del suo messaggio e l’adattabilità dei suoi contenuti a molteplici ambiti applicativi lo rendono un comunicatore ambientale decisamente influente a livello “globale”.
Nei suoi discorsi, emergono due espressioni chiave: “ecologia umana” e “cultura dello scarto”.
La prima espressione riguarda la necessità di “coltivare e custodire” non solo la terra, il pianeta, l’ambiente, ma anche i rapporti umani. In occasione dell’udienza generale del 5 Giugno 2013, Giornata Mondiale dell’Ambiente, il Papa cita la Genesi “dove si afferma che Dio pose l’uomo e la donna sulla terra perché la coltivassero e la custodissero” e prosegue sottolineando che “questo compito affidatoci da Dio Creatore richiede di cogliere il ritmo e la logica della creazione. Noi invece siamo spesso guidati dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non la ‘custodiamo’, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura” In occasione dell’ incontro mondiale dei movimenti popolari, tenutosi il 28 Ottobre 2014, il Papa ha sottolineato l’asservimento della natura, che non ci appartiene ma della quale ci consideriamo padroni, a un sistema economico incentrato sul denaro. “il ritmo frenetico di consumo incide negativamente sul cambiamento climatico e la deforestazione” ha detto il Papa, assicurando ai movimenti popolari che le loro preoccupazioni saranno presenti nella sua enciclica. Anche nel discorso tenuto agli eurodeputati il 25 Novembre 2014, il Papa ha ricordato che “rispettare la natura, ci ricorda che l’uomo stesso è parte fondamentale di essa. Accanto ad un’ecologia ambientale, serve perciò quell’ecologia umana, fatta del rispetto della persona”
Il momento di crisi ambientale ormai così evidente trova quindi secondo il Papa le sue radici nella crisi etica e antropologica, ed è per questo che nella sua visione l’ecologia ambientale non può essere promossa senza una promozione a monte dell’ecologia “umana”.
La seconda espressione riguarda invece la cultura dello scarto. Anche in questo caso, Bergoglio sovrappone l’aspetto ambientale con quello prettamente umano. “Uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la ‘cultura dello scarto’. Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, i bisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità. (…)Uno che muore non è una notizia, ma se si abbassano di dieci punti le borse è una tragedia! Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti. Questa ‘cultura dello scarto’ tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti(…) Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione (…) Invito tutti a riflettere sul problema della perdita e dello spreco del cibo per individuare vie e modi che, affrontando seriamente tale problematica, siano veicolo di solidarietà e di condivisione con i più bisognosi”.
Nell’attesa della sua Enciclica, dell’EXPO2015 che si incentra sulla lotta allo spreco alimentare e del COP21 che si terrà a fine anno a Parigi, vogliamo chiudere questo articolo con un detto popolare citato più volte da Papa Francesco stesso: “Dio perdona sempre, noi perdoniamo a volte, la natura – il creato – non perdona mai quando viene maltrattata!“