Maria Teresa ha rilevato l’azienda vitivinicola del padre, produce rinomati vini Barolo e Nebbiolo rispettando rigorosamente la tradizione, ma, in cuor suo, dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere credeva di poter vivere facendo altro. Silvio, abbandona il proprio mestiere, ben retribuito, di piastrellista per produrre formaggi tradizionali in un paesino in collina, dove ha trasferito la sua famiglia e cinquanta pecore. Mauro, infine, ex magazziniere della grande distribuzione, dopo il licenziamento decide di produrre e vendere pasta artigianale fatta a mano. Sono tre storie di vita, in equilibrio precario tra “normalità” ed “estremismo”, slegate tra loro ma accomunate nel raccontare una territorialità comune, le Langhe, scenario di bellezza universalmente riconosciuta.
I personaggi appena descritti sono i protagonisti di un lungometraggio che, pur non edificato su basi ambientaliste o di stretta militanza, riesce ad esprimere concetti fondamentali e invita lo spettatore a riflettere su problemi endemici della nostra società.
L’artefice di questa intrigante prospettiva è Paolo Casalis, architetto braidese, regista del documentario Langhe Doc – Storie di eretici nell’Italia dei capannoni. Come ci ha raccontato, Paolo non si occupa, né teoricamente, né attivamente, di ambientalismo, non rappresenta realtà politiche o associazioni di alcun tipo. In questo documentario, che, ricorda, non è un universo a 360 gradi ma un personalissimo racconto sulle sue Langhe, il regista invita alla riflessione illustrandoci le storie di Maria Teresa, Silvio e Mauro, diverse tra loro per esperienze di vita ma unite dalla volontà, dalla necessità, anche spirituale, di cambiare la loro prospettiva per intraprendere un nuovo cammino.
L’obiettivo di Casalis «Non è dare una visione globale delle problematiche e dei valori di un territorio, quanto piuttosto raccontare delle storie e sollevare nello spettatore dei dubbi, delle domande. Per questo motivo ho scelto di raccontare nel film tre storie “estreme”, storie di eretici, (eretici come li ha definiti il giornalista Federico Ferrero, ndr) di chi pensa e agisce in modo diverso. Non mi interessa che le loro storie siano pienamente compiute, o possano dare piena risposta a quesiti di carattere generale».
Nell’intreccio delle scelte e delle difficoltà di ogni rinascita si inserisce l’aspetto ambientale, la luce che giunge dal mostrare questo splendido angolo di terra sotto una lente diversa. Questo paesaggio che, con la consueta lucidità e schiettezza, lo scrittore Giorgio Bocca, voce introduttiva al documentario, fotografa così: «Nel breve spazio della mia lunga vita l’Italia è cambiata in una maniera spaventosa. É tutta una lotta contro il tempo, bisogna riuscire a diventare civili prima che il disastro sia completo. Bisogna vedere se arriviamo ancora in tempo a salvare questo paesaggio. Per me in gran parte l’abbiamo già distrutto…».
Proprio nelle Langhe la coabitazione tra uomo e natura ha raggiunto vertici eccelsi: una terra in apparenza dura, severa ha concesso all’uomo di ricavare prelibatezze enogastronomiche; le sue vigne sono geometriche perfezioni di uno spazio che sa attrarre turisti in ogni momento dell’anno, tanto che, e questa è storia recente, alcune porzioni del suo territorio sono candidate a divenire “Patrimonio dell’Umanità Unesco”.
Tale candidatura, come afferma Casalis «è, ad oggi, un tema molto “nebuloso”: potrebbe essere una grande occasione, oppure semplicemente un’etichetta di qualità da applicare al territorio».
«Ad oggi – come dice Maria Tersa Mascarello nel film- siamo candidati a patrimonio dell’Umanità ma il cemento non si ferma, e neppure si è smesso di piantare viti».
I radicali processi di trasformazione economica e paesaggistica, l’urbanizzazione, il progressivo abbandono delle aree rurali e di certi tradizionali mestieri, nonché la cementificazione, rischiano di trasformare gran parte del territorio langarolo in quella che, nel documentario, Giorgio Bocca definisce “l’Italia dei capannoni”.
Costruita attraverso un montaggio ed una fotografia impeccabili, frutto di una ricerca e un’attenzione cinematografica non comuni, “Langhe Doc” è una storia da vedere, assaporare, slowly, come un bicchiere del vino di Maria Teresa o un formaggio di Silvio oppure ancora una pasta fatta a mano di Mauro. Il sapore di una Terra che passa attraverso il lavoro della sua gente.