I media di tutto il mondo, specialmente quelli che si occupano di ambiente, ce le hanno presentate come ecologiche a tutti i costi. Ma le nozze che si sono celebrate venerdì 29 aprile 2011 tra il principe William e Kate Middleton sono state così attente all’ambiente?
Tralasciando i fiumi d’inchiostro che sono stati versati per darne la massima copertura mediatica, cominciamo dalla folla di Londra. Nella lunga attesa ha prodotto una marea di rifiuti tra coriandoli, bandierine e vivande consumate, tanto che c’è voluto un team di 130 persone per raccogliere le 140 tonnellate di spazzatura lasciata. Forse meno impattanti, i 2 miliardi di persone non presenti fisicamente, che hanno seguito la cerimonia davanti alla TV o al computer.
Può darsi che gli organi di stampa abbiano dato troppo credito al detto: “Tale padre, tale figlio”. E il principe Carlo, infatti sembra essere stato l’unico membro della famiglia reale a non deludere le aspettative ambientali, riuscendo a imporre sostenibilità al banchetto nuziale in cui sono state servite tartine biologiche a Km zero, con ingredienti provenienti dalla propria tenuta. Gli sposi dal canto loro si sono preoccupati di stampare menù e cartelle stampa su carta riciclata certificata FSC.
Le scelte ecofriendly hanno poi coinvolto gli addobbi floreali grazie all’intervento di Shane Connolly, floral designer dall’approccio sostenibile, fatto di piante e fiori di stagione provenienti da coltivazioni organiche, che predilige piante in vaso piuttosto che fiori recisi.
Anche agli anelli è stata data priorità al riutilizzo. Per quello di fidanzamento, il principe William ha riciclato l’anello con zaffiro e diamanti che suo padre regalò a suo tempo a Diana, dono simbolicamente molto forte. L’oro della fede, regalo della regina Elisabetta, proviene da miniere UK. Sempre in tema di riuso, l’abito di Kate era ornato da gioielli in parte dati in prestito sempre dalla sovrana.
Per ridurre l’impronta ecologica, sono stati scomodati anche gli invitati che hanno potuto scegliere di effettuare donazioni a una trentina di organizzazioni, tra cui alcune dedite alla salvaguardia dell’ambiente, evitando inutili regali. Inoltre i neo-sposi hanno chiesto loro di piantare alberi per compensare le emissioni di CO2 prodotte, non poco irrilevanti visto che sono arrivati da tutto il mondo con voli aerei nella maggior parte dei casi privati.
I mass media si sono quindi concentrati su questi particolari che se confrontati a tutto il resto appaiono marginali. Solo il Telegraph ha espresso criticità sulla gestione dell’impatto ambientale pubblicando un calcolo approssimativo della carbon footprint dell’evento internazionale, effettuato dal Landcare Research. I risultati sono devastanti per l’ambiente. La CO2 generata dalla cerimonia equivale al totale prodotto da Buckingham Palace in un intero anno. Ci si aggira intorno a 6765 tonnellate di CO2, 12 volte le emissioni annue dal palazzo di Londra, 1.230 volte le emissioni annuali di una famiglia media inglese.
Ci può consolare il fatto che le scelte green non sono state relegate al giorno in cui la coppia reale ha pronunciato il suo sì. La casa di 789 metri quadrati nelle campagne della Cornovaglia in cui William e Kate vivranno, sarà altamente efficiente a livello energetico utilizzando in parte fonti rinnovabili.
Seppure alcune scelte premino i reali, anche la comunicazione dell’evento non ha rispettato in toto i più basilari principi di sostenibilità. Poco impattanti l’annuncio del fidanzamento su Twitter e Facebook e l’invio del primo invito alle teste coronate via fax, mezzo evidentemente ritenuto più efficace dai Windsor per passare informazioni sui grandi eventi e sicuramente molto più ecologico delle partecipazioni stampate su carta e ornate con oro recapitate a 1900 invitati il mese successivo.
Giudicate voi se si può parlare di un matrimonio ecologico o di uno sfarzoso show in cui il rispetto per l’ambiente ha avuto una parte contenuta. Riconosciamo comunque il merito alla Royal Family di aver mobilitato ingenti capitali per questo evento globale che ha generato attrazione di massa, cercando di promuovere esemplarità in campo ambientale e dando visibilità ad alcune best practises che lasceranno eredità materiali e immateriali per l’ambiente. Una cosa è però certa, per quanto meno affascinanti, le comuni unioni sono molto più environmental friendly.