di Emanuela Rosio
Quando è nata AICA, ho sentito il bisogno di andare a trovare Giovanni Cesareo, per parlarne con lui, a Verbania. La giornata era cupa, pioveva, ci trovammo in un bar sul lago, poca gente in giro. Gli ho raccontato dell’idea di fare un’associazione che si occupasse di Comunicazione Ambientale e lui, già verso gli ottanta, ha reagito con l’entusiasmo di un ragazzino. Mi ha raccontato della sua esperienza negli anni sessanta con Scienza Esperienza, degli articoli sulla diossina dopo l’evento di Seveso, del suo impegno per le donne e l’ambiente quando nessuno pensava che lo sviluppo industriale dovesse essere anche sostenibile, quando parlare di questi temi era essere contro il progresso.
Giovanni Cesareo è sempre stato aperto, un uomo che vedeva oltre il momento storico, un uomo che ha saputo ascoltare. Con entusiasmo è entrato a far parte del comitato scientifico di AICA, accettando di mettersi a discutere con dei ragazzini inesperti e portandoci la sua passione, la sua voglia di conoscere e di discutere, di scoprire e di comunicare.
Lo avevo conosciuto a Torino, come docente di Teorie e Tecniche della Comunicazione all’Università. Il suo corso è stato l’incontro con personalità come Danilo Dolci, con i racconti di un uomo che era partito da Palermo nel dopoguerra e che aveva vissuto prima nella Roma degli anni cinquanta e poi a Milano, tra esperienze di giornalismo e di esperto dei media. Un uomo che da docente universitario veniva a cena volentieri con i suoi allievi e con una di loro ha scritto un libro con un approccio multimediale e nuovo in cui ancora oggi vado a cercare idee e storie.
Grazie professore, vorrei che in AICA restassero la sua sorpresa, la sua capacità di ascoltare senza giudicare e la sua passione per la comunicazione.