La settimana scorsa ha preso il via la COP21, e probabilmente una buona parte di quel 71% di cittadini che non sapeva neanche di cosa si trattasse, adesso ne ha quantomeno sentito parlare. I più importanti media nazionali – e internazionali – stanno coprendo l’evento, che vede la partecipazione di numerosi capi di stato e di migliaia di delegati di tutto il mondo. D’altra parte, la posta in gioco è altissima: si tratta di stipulare un accordo universale che dovrebbe “salvare” il pianeta dal giungere a un punto di non ritorno sotto il profilo ambientale.
Gli allarmi lanciati dagli interventi istituzionali dei primi giorni hanno forse contribuito a stimolare una così ampia diffusione di notizie inerenti la comunicazione ambientale: comunicazione che, come talvolta sottolineato attraverso gli approfondimenti che pubblichiamo su questo sito, stenta a decollare quando si tratta di raggiungere il grande pubblico. Siamo quindi contenti di vedere che essendo l’argomento all’ordine del giorno, le notizie e le informazioni a riguardo si moltiplichino fuori e dentro la rete. Eppure, affinché la società civile possa far sentire la propria voce, affinché si possa pensare a dei cambiamenti che oltre che partire dall’alto vengano richiesti, sottoscritti e supportati dal basso, la comunicazione ambientale dovrebbe trovare delle modalità più penetranti ed efficaci. Fra le organizzazioni più attive in ambito climatico, segnaliamo Italian Climate Network (ICN), un’associazione di cittadini, aziende, NGO impegnati nel risolvere la questione climatica e assicurare all’Italia un futuro sostenibile. Abbiamo rivolto qualche domanda a Federico Antognazza, vicepresidente ICN e Elena Bonapace, ufficio stampa per capire come loro affrontino la questione della comunicazione ambientale, prima, durante e dopo la COP21.
Quali sono secondo voi gli elementi fondamentali per una comunicazione in materia di cambiamento climatico efficaci? Nella vostra esperienza, cosa funziona nella sensibilizzazione dei cittadini, cosa no?
Per Italian Climate Network è fondamentale affrontare gli argomenti del Cambiamento Climatico con taglio scientifico sottolineando la credenziali e l’autorevolezza delle fonti. E presentando dati, ricerche, rapporti ambientali, avere un linguaggio semplice, chiaro, comprensibile e facilmente fruibile dagli operatori della comunicazione come da tutti. Quindi utilizzare attività di reporting sulle diverse tematiche ambientali con dossier e approfondimenti, sottolineando l’importanza delle informazioni senza scadere nel sensazionalismo. Siamo parte di un network internazionale, 350.org, per cui per noi le giornate internazionali, come la Marcia per il Clima del 29 novembre, sono appuntamenti per focalizzare l’attenzione sul tema dei cambiamenti climatici; ma la celebrazione del tema rimane un mezzo, non un fine. Il filo della conversazione con i cittadini va tenuto costantemente aperto e lo facciamo attraverso il nostro sito e i blog su tre testate (La Stampa, Il Fatto, Gli Stati Generali). Cruciale per la sensibilizzazione e’ il sistema educativo, composto dalla scuola e dalle famiglie: per il quale portiamo avanti da anni il nostro “Progetto Scuola”.
Secondo voi, come si dovrebbero organizzare le associazioni, i rappresentanti della società civile, i portavoce delle comunità più piccole da cui provengono molti dei rifugiati ambientali per far sentire le loro ragioni di fronte alle istituzioni in occasione della COP21? Su quali strumenti / modalità comunicative dovrebbero puntare per farsi sentire e per far arrivare il loro messaggio?
I rappresentanti delle comunità più piccole o già colpite dai cambiamenti climatici o che vivono i primi forti fenomeni di migrazioni climatiche si stanno organizzati in modo da far sentire la loro voce: pensiamo ad esempio ai Climate Warriors del Pacifico, che sono giunti lo scorso settembre a Roma per la partenza del People Pilgrimage, promosso da Yeb Sano, ex delegato filippino che si è recato a piedi da Roma a Parigi.
La loro voce necessita di supporto delle loro azioni e per questo ci siamo adoperati per pubblicizzare queste iniziative attraverso i nostri canali: occorre far capire che la questione climatica non può essere semplificata come un problema ambientale ma intersettoriale e che questo comporta rischi per le altre popolazioni.
Qual è il vostro ruolo / intento / coinvolgimento nella COP21? Abbiamo visto che realizzate un “bollettino giornaliero”. Quali sono gli eventi che coprirete maggiormente, quali sono i focus tematici che sceglierete per i vostri lettori?
I rappresentanti di Italian Climate Network, così come tutti gli altri rappresentanti della società civile, hanno all’interno dei negoziati il ruolo di “observer”: sono cioè degli osservatori del processo che assistono al percorso negoziale e cercano di fare pressione ai negoziatori affinché alcuni temi possano essere presi in considerazione in modo più o meno marcato. Ruolo dell’observer è inoltre anche quello di informare la società civile che sta all’esterno, in modo da rendere il più comprensibile possibile il processo a chi non è direttamente coinvolto, ma interessato. Proprio per questo quest’anno abbiamo deciso di produrre un bollettino giornaliero per guidare i lettori e mettere a disposizione una sintesi dei contenuti prodotti. In particolare seguiremo i vari temi che caratterizzeranno l’accordo (mitigazione, adattamento, finanza, capacity building, loss&damage e altro) e quanto accade intorno al negoziato: side event, momenti di sensibilizzazione.