Giusto 30 anni fa, nel 1987, Frédéric Back portò sul grande schermo il celebre racconto di Jean Giono “L’uomo che piantava alberi”, un classico della letteratura ambientalista. Il film, bellissimo e struggente, con i magnifici disegni animati di Back, vinse numerosi premi, fra cui il Premio Oscar per il miglior cortometraggio d’animazione. Giono, un antimilitarista libertario, scrisse il breve racconto del 1953; come noto, vi si narra di un pastore, Elzéard Bouffier, che divenuto vedovo decide di preservare la vallata dove abita piantando 100 ghiande al giorno e dando così vita nel tempo ad una foresta. Sembra un follia, ma questa è una cosa che Elzéard riesce davvero a fare. “L’uomo che piantava alberi” è una parabola gentile dell’ostinazione. O della convinzione.
Frédéric Back: l’uomo che voleva quel film
Ci voleva una particolare predisposizione per portare sul grande schermo il celebre racconto di Giono? Certamente si. Vediamo allora di saperne di più proprio su Frédéric Back, regista francese naturalizzato canadese, vegetariano e animalista. Ce lo raccontano come un uomo timido ma tenace, che per sostenere le proprie idee non si è “limitato” a fare bei film, ma ha dato conferenze e partecipato a manifestazioni, contribuendo, tra l’altro, a fondare la Società del Quebec per la Difesa degli Animali.
Questa la motivazione con la quale nel 1990 gli è stato conferito il titolo di Ufficiale dell’Ordine del Canada dal governo di Ottawa: “Un animatore celebre, noto per i suoi film d’animazione che riflettono un impegno fattivo per la protezione dell’ambiente. Creatore di molti film, tra cui “L’uomo che piantava gli alberi”, ha guadagnato l’autorevolezza nazionale e internazionale per i suoi multiformi sforzi artistici che si occupano di temi del patrimonio, dell’educazione, della musica, della scienza e dell’ecologia”.
Morto a Montreal la vigilia del Natale del 2013, ad 89 anni, Frédéric Back era indubbiamente un’idealista e ripeteva costantemente che faceva film per motivare ed ispirare le persone, per far in modo così di: “aiutare il nostro bello e fragile pianeta in un momento di grande bisogno”, ed ancora, auspicando di non lesinarsi: “credo che uno vorrebbe avere più talento quando gli capita di lottare per cause importanti, per la bellezza; non fai mai abbastanza perché è la qualità del lavoro che migliora il messaggio”.
Fu dunque più di un filmaker. Da artista si interessò di pittura, disegno, caricatura, illustrazioni, murales, design d’interni. Fu una autentica “Forza della natura”, come recita il titolo di una mostra retrospettiva che il Museo d’arte di Montreal gli ha dedicato nel 2009.
Passata l’infanzia in Alsazia, trascorse poi gli anni dell’adolescenza nella grande Parigi. Il padre, musicista ed appassionato di musica, lo educò alle arti, ma per Frédéric contò soprattutto la possibilità di passare le vacanze in campagna: sviluppò così una passione per i suoi “cari amici” animali. Quella per il disegno, di passione, gli arrivò come dono di natura: cominciò infatti a disegnare a due anni e non smise più. A guerra finita, l’emigrazione in Canada, nel 1948, dove insegnò alla Scuola di Belle Arti di Montreal, per poi lavorare al National Film Board, per il quale realizzò le illustrazioni del film di Denys Arcand “Samuel de Champlain”. In seguito venne assunto da Radio-Canada per creare le animazioni dei titoli di testa dei programmi televisivi.
Contro la deforestazione e l’inquinamento
Dopo aver dato vita Elzéard Bouffier, per un pubblico più vasto di quello raggiunto già dal racconto, Frédéric Back, con immedesimazione tale da far pensare a ragione che il film abbia dei cenni di autoritratto, si è spesso ritrovato a sostenere le cause della forestazione e della difesa degli alberi. Lo ha fatto con profonda convinzione criticando: “una società che tratta la natura come fosse un grande magazzino, da cui si può prendere ogni cosa senza preoccuparsi delle conseguenze “. Era convinto che ogni anno, ciascuno dovesse piantare un albero e vederlo così crescere, solo per il proprio piacere, in modo naturale, per capire meglio, proteggere e condividere il miracolo della vita. Per proprio conto, da vero e concreto attivista ambientalista Back piantò dunque nel tempo una gran quantità di alberi nella sua fattoria sui monti Laurenziani. Migliaia di piante.
Si impegnò anche per la lotta contro l’inquinamento urbano, per la difesa del mare e delle foreste, contro l’energia nucleare.
Nel 2007 ebbe a dire: “Ciò che succede con i film d’animazione è che sono facilmente accessibili a tutti. Possiamo darvi sfogo alla nostra la fantasia, ma anche iniettarvi le nostre idee e convinzioni”. Questo è esattamente quello che Frédéric Back ha fatto con le sue opere. Per lui vale quello che Jean Giono sentenzia nel suo racconto: “Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato a far uscire dal deserto quel paese di Canaan, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole”. Una definizione che si attaglia al paziente, umile, diuturno lavoro dell’indomito, risoluto, timido Frédéric Back. Ostinato e cosciente non meno di Elzéard Bouffier.