Nato nel 2015 a Boston, Piaggio Fast Forward è il grande progetto di innovazione del Gruppo Piaggio; il centro ricerca sulla mobilità del futuro che la società ha creato negli Usa. Obiettivo: offrire soluzioni concrete alla mobilità di merci e persone delle grandi aree urbane, “rispettando l’ambiente e migliorando la qualità della vita dei cittadini del pianeta” (nota sul sito Piaggio).
Gita e Kilo, sono i primi innovativi “prodotti” di PFF presentati a febbraio 2017 a Boston: si tratta di veicoli intelligenti, capaci di muoversi anche in autonomia, ideati per migliorare la produttività della mobilità. Osservano, comunicano e aiutano, trasportando pesi e con una autonomia di 20 chilometri in circuito urbano. Possono accompagnare una persona, mappare l’ambiente che li circonda e controllare ciò che si muove intorno.
Sugli interessanti risultati già raggiunti e sui progetti di Piaggio Fast Forward abbiamo intervistato Jeffrey Schnapp, A.D. di Piaggio Fast Forward.
Guru conclamato delle “digital”, ma di matrice umanistica, Jeffrey Schnapp è anche co-direttore del Berkman Center for Internet & Society, nonché professore all’Harvard University di letteratura romanza e letteratura comparata.
Piaggio Fast Forward è nato per analizzare le complessità contemporanee e pianificare prototipi che tendano a dipanarne i nodi. È così? E’ un think tank, un laboratorio hi-tech di idee o qualcosa di ancora più articolato?
Piaggio Fast Forward è nata a Boston a metà 2015 non come think tank ma come azienda a se stante ossia una startup, ma di proprietà maggioritaria del Gruppo Piaggio. Lavoriamo in stretto collegamento con la leadership del Gruppo ma nel settore di nuovi modelli di mobilità leggera collegati alla robotica e alla creazione di veicoli intelligenti. Abbiamo i laboratori di Harvard e MIT come vicini di casa, ma per noi ricerca e sviluppo prodotti sono una cosa sola.
Nella vostra mission c’è la mobilità innovativa, adatta alle nuove aree urbane. Storia propria della Piaggio. Parliamo di aree sempre più congestionate ed inquinate. Su quali tronconi sta ora sviluppando il proprio pensiero e la propria azione PFF?
Siamo nati non per risolvere un piccolo problema, ma invece per affrontare, ed anzi precedere, i grandi mutamenti in atto nel settore della mobilità leggera. L’epoca dell’automobile è al tramonto e le aree urbane diventeranno sempre di più pedestrian-centric. Ma quali saranno i veicoli che serviranno come supporto per uno stile di vita sempre più pedonale? È questa la domanda che ci siamo posti con il modello della Vespa sempre in testa.
A quali esempi pratici siete giunti? E a quali conclusioni? Ancorché parziali? Ce ne può accennare sinteticamente?
Verso la fine dell’anno in corso, Gita, il nostro primo prodotto, sarà in produzione; si troverà sul mercato mondiale durante la prima metà del 2019. Si tratta di un veicolo bello, divertente e pratico, un veicolo multifunzionale capace di trasportare fino a 20 chili nel suo cofano a velocità pedonali (dal passo lento fino al passo da jogging). Al contrario di quello che hanno raccontato alcuni giornali italiani, non è un trolley: è un veicolo intelligente dotato di vari “drop-ins” (moduli speciali) e capace di svolgere molte funzioni (mappatura, riprese video, monitoraggio, ecc. ecc.). Naviga sia in ambienti interni che esterni e, anche se è capace di navigare il mondo in modo autonomo, Gita “impara” il mondo seguendo un esperto navigatore del mondo dei marciapiedi: ossia il suo operatore. Come diciamo spesso: “if you know how to walk, you know how to drive a Gita”. Ossia, “se sai camminare, può guidare un Gita”. Gita è solo il primo veicolo che stiamo sviluppando; ci sarà tutta una famiglia di veicoli PFF.
Come vi ponete nel vostro lavoro rispetto alle problematiche ambientali? Sono una variabile della ricerca o la guidano? Nelle linee programmatiche di PFF leggo che vi applicherete sul: “continuo sviluppo e la crescente complessità delle grandi aree urbane destinate a diventare in pochi anni megalopoli con decine di milioni di abitanti con problemi relativi al trasporto di persone e merci, rispettando l’ambiente e migliorando la qualità della vita dei cittadini del pianeta”.
Sia le problematiche ambientali che questioni di nuovi modelli di sviluppo urbano e suburbano sono stati il nostro punto di partenza. Camminare fa bene sia all’individuo che alla società; chi ha difficoltà a camminare (anziani, disabili, ecc.) ha bisogni di mobilità particolari che attualmente vengono affrontati in modo molto inadeguato. Con veicoli elettrici e intelligenti come Gita un ripensamento integrale del nostro modo di vivere; lavorare e muoverci diventa più facile.
Lei professionalmente si muove tra investigazione del futuro, studio della storia, filologia, letteratura e media. Queste discipline possono tutte collaborare e confluire nel lavoro del PFF? Riescono a farlo? Se ne giovano l’una con l’altra?
Concepire e sviluppare un veicolo robotico per poi portarlo sul mercato è un lavoro multiforme; nel caso di Gita, si tratta di un mercato che non esiste a priori e che bisogna creare e coltivare ex novo. Vuol dire lavorare in squadra perché presuppone una vasta gamma di competenze: competenze concettuali, tecniche, ingegneristiche, di design e marketing. Ma proprio qui una conoscenza approfondita della storia e della cultura ci aiutano ad andare oltre a un certo immaginario tecnicista, semplicistico e ingenuo alle volte, che si prefigura soluzioni tecniche a tutti i problemi del mondo o, per esempio, che cerca sempre nel robot l’immagine dell’uomo, un nostro doppio. Un filone inventivo rintracciabile direttamente nei lavori di alcuni figure di antichi precursori come Erone di Alessandria e di Al-Jazari.
In realtà, il robot è “altro” da noi; e interpretare questa alterità in modo innovativo, creativo e socialmente impattante rappresenta il punto di partenza del nostro lavoro a PFF. Le tecnologie non risolvono problemi da soli. Diventano leve di cambiamento solo con delle idee forti, alimentate dall’immaginazione. Sono persuaso che, interpretate nel modo giusto, le discipline umanistiche abbiano un grande potenziale per lo sviluppo di forme di pensiero trasversale dove un costante confronto con la storia e una non meno costante riflessione sulla complessità della cultura ci può offrire una marcia in più rispetto all’innovazione.
Infine, noi ci interessiamo di comunicazione e di comunicazione rispetto all’ambiente. Ci piacerebbe sapere come comunicate il vostro lavoro. Come comunicate il “problema” e la eventuale “soluzione”? Avete sviluppato un vostro protocollo? Fate affidamento particolare sui feedback?
Il modello di comunicazione che abbiamo adottato fin dal lancio di PFF è ibrido. Abbiamo organizzato grandi eventi come The Shape of Things to Come nel autunno del 2015 a Milano per condividere con il pubblico le nostre ambizioni di trasformare il mondo della mobilità leggera. Si trattava non di una company presentation ma invece di uno showcase di idee e visioni del futuro con contributi dei membri del nostro Board of Advisors come Nicholas Negroponte. Nei mesi successivi ci siamo un po’, per così dire, nascosti per poter lavorare allo sviluppo dei nostri veicoli in modo tranquillo, uscendo poi di nuovo allo scoperto solo all’inizio del 2017 quando abbiamo presentato Gita (e suo fratello grande, Kilo) alla stampa. Il nostro approccio è multicanale: usiamo i social, produciamo dei video manifesto, giriamo il mondo di persona e in compagnia di Gita e non solo per parlare delle nostre ambizioni ma anche per incominciare a permettere alle persone di vivere concretamente quel futuro della mobilità che stiamo progettando.