Solo il 9% dell’economia mondiale è circolare. I rifiuti, inclusi quelli da imballaggio, crescono spinti dai nuovi stili di vita e di consumo come il commercio online e il consumo di cibi pronti. Questo aumento dei rifiuti richiede non solamente un ripensamento di nuovi sistemi di raccolta mirati a tipologie di imballaggi difficilmente intercettati dai sistemi di raccolta domiciliare, ma anche iniziative di prevenzione e riduzione. Occorre pertanto valorizzare i materiali che sono già comunemente impiegati, visto che anche in Italia gli imballaggi costituiscono il 35-40% in peso, ed il 55-60 % in volume, dei rifiuti solidi urbani che si producono ogni anno.
Affiancata da ricercatori, consorzi e lobby internazionali, nonché da aziende italiane ed europee che incentrano il proprio business sul riuso, EURepack, il consorzio italiano di aziende che promuovono l’imballaggio riutilizzabile, ha dimostrato come i sistemi d’imballaggio riutilizzabili non generino rifiuto e si inseriscano in una catena virtuosa di valore per l’economia circolare.
Envi.info ha rivolto alcune domande al presidente di EURepack, Carlo Milanoli.
Milanoli, qual è lo scopo primario del consorzio EURepack?
In una società in gran parte basata sull’obsolescenza programmata delle merci il nostro consorzio vuole sottolineare come esistano dei modelli di business basati sui sistemi di imballaggio riutilizzabili che propongono un’alternativa reale ed efficace al problema ecologico e che necessitano di maggiore riconoscimento a livello di istituzioni comunitarie e di opinione pubblica.
Quando si parla di economia circolare si limita spesso il discorso al riciclo, mentre non si parla abbastanza del riutilizzo che a noi sembra invece la tematica centrale. Questo diventa il nostro obiettivo: dare un contributo sia tecnico che comunicativo al tema del riutilizzo degli imballaggi.
Un maggior riconoscimento passa attraverso una maggior sensibilizzazione. Come raggiungere il consumatore?
In Italia il discorso è ancora relegato al rapporto B2B, azienda con azienda. Mentre rimane escluso il consumatore, nonostante sia lui l’utilizzatore finale dell’imballaggio. Per cui è necessario operare comunicativamente sull’intera filiera e non fermarsi ai cosiddetti “piani alti”.
Per avvicinarci al consumatore, allora, abbiamo preso contatti con gruppi e organizzazioni diverse, ad esempio con l’associazione dei Comuni Virtuosi. Invitiamo il consumatore a portarsi la borsa al supermercato ed evitare gli shopper usa/getta. Ma questo è solo il primo dei comportamenti virtuosi in cui può essere coinvolto il consumatore.
E come si agisce invece sui soggetti più grandi?
Principalmente attraverso convegni e fiere che hanno lo scopo di coinvolgere proprio interlocutori più grandi. Il fatto è che il termine economia circolare dovrebbe far venire in mente prima di tutto il riutilizzo di contenitori e imballaggi, come avviene in altre parti d’Europa. In Italia ci si sofferma troppo sugli aspetti economici e meno sul comportamento virtuoso. Il riciclo non basta, non è prevenzione. Prendiamo la plastica: oggi una gran fetta dell’opinione pubblica ha sviluppato verso questo materiale un giudizio negativo quando invece la plastica ha una capacità di riutilizzo incredibile. Si è persa l’occasione di veicolare questo messaggio.
I benefici ambientali del riutilizzo sono immensi ma ancora poco conosciuti. L’individuo non è abbastanza educato a questo tema. Pensiamo ancora a una cassetta dell’ortofrutta che può essere riutilizzata centinaia di volte: significa eliminare altrettante cassette monosuo. Nella sola GDO si risparmierebbero tonnellate di materiale. Questo è esemplificativo di come il riutilizzo possa essere un beneficio per tutti.