Un’Europa Diesel-free entro metà di questo secolo sembra un sogno che diviene realtà, dopo gli annunci di svariati Paesi e città europee dell’intenzione di vietare, nell’arco dei prossimi 20 anni, la circolazione e la vendita di vetture a gasolio. È ora la volta di Milano, che fissa già per il 2019 l’inizio della progressiva messa al bando del Diesel dalla città.
Si tratta ovviamente di una tendenza da accogliere positivamente, visto il comprovato impatto negativo del gasolio sulla qualità dell’aria delle nostre città. Si sta però diffondendo la percezione che, sacrificato il capro espiatorio, i nostri problemi ambientali legati alla mobilità si risolveranno come per magia. Compito di una buona comunicazione in campo ambientale è invece di allargare lo sguardo, per comprendere la complessità dei fenomeni e degli obiettivi da perseguire nel medio/lungo periodo. Per esempio, pochi ricordano che un motore a gasolio emette meno CO2 per km di un suo omologo a benzina, grazie alla maggiore efficienza. Ecco quindi che una conversione frettolosa del parco circolante ridurrebbe polveri sottili e ossidi d’azoto, ma aumenterebbe le emissioni che producono il cambiamento climatico, minaccia non certo meno grave dello smog per il futuro dell’Umanità.
In realtà, la transizione sembra destinata a premiare la tecnologia ibrida, business assai promettente sul quale quasi tutti i produttori di auto stanno investendo. Anche in questo caso, la comunicazione indica questa tecnologia come risolutiva, non ricordando che si tratta comunque di vetture mosse principalmente da combustibili fossili, sia pure con rendimenti un po’ migliori rispetto ai motori tradizionali. In un futuro popolato di auto ibride, questa comunicazione distorta potrebbe favorire il realizzarsi del cosiddetto paradosso di Jevons, secondo il quale “i miglioramenti tecnologici che aumentano l’efficienza di una risorsa possono fare aumentare il consumo di quella risorsa, anziché diminuirlo” (Wikipedia).
Troppo spesso dimentichiamo che il ricorso eccessivo all’auto privata rappresenta un problema per la nostra collettività, non solo per ragioni ambientali e di salute pubblica, ma anche sul piano socioeconomico, nonché in tema di scelte urbanistiche e infrastrutturali. A prescindere da quale sia il motore che le muove, è necessario diminuire il numero di auto circolanti, incentivando i cittadini a usare il più possibile mezzi alternativi. Si tratta ovviamente di un obiettivo che contrasta con interessi tra i più potenti del mondo contemporaneo, come quelli dei produttori di auto ed energia, e che contrasta anche con il pensiero unico politico-mediatico del PIL, che vede proprio nel mercato dell’auto e nei consumi energetici due pilastri fondamentali.
Invece persino il Sindaco di Milano Sala, non certo un fanatico ambientalista, parla in un’intervista dell’Aprile 2018 (min. 46’55”) di “convincere i cittadini che l’auto va usata di meno” e fissa per il 2025 l’obiettivo di un indice di motorizzazione di 40 auto per 100 abitanti contro le 59 di pochi anni fa, grazie ad importanti investimenti su car sharing e trasporto pubblico. Sembra insomma arrivato il momento di comunicare il futuro della mobilità lasciando in secondo piano tabelle e classifiche su convenienza e performance dei vari tipi di motore, per diffondere la consapevolezza che la sola auto veramente ecologica è quella che non circola.