In questi giorni sui social (e non solo) vi è una immagine shock che gira e fa molto effetto. Quella di un delfino “strizzato” e visibilmente sofferente e invecchiato con una scritta #StopMicrofibre. Per capire come nasce e con quali obiettivi questa campagna di comunicazione abbiamo intervistato il Responsabile relazioni istituzionali Marevivo, Raffaella Giugni.
Cosa è #StopMicrofibre?
#StopMicrofibre è una campagna di sensibilizzazione sul problema delle microplastiche rilasciate dai tessuti sintetici in lavatrice. Lo scopo è diffondere il problema dell’inquinamento prodotto dalle microfibre e sottolineare l’importanza di un intervento immediato. Chiediamo, infatti, alle aziende di progettare sistemi di filtraggio più efficaci per lavatrici e di investire nell’innovazione tessile.
Lo slogan recita: Ogni lavaggio per il mare è una tortura. In che senso? Cosa possono fare le persone, oggi, subito, per ridurre il fenomeno?
Ogni lavaggio in lavatrice costituisce un danno reale e quantificabile per l’ambiente e per l’uomo. È stato stimato che un solo carico di 5 chili di materiale in poliestere possa produrre tra i 6 e i 17,7 milioni di microfibre che non vengono bloccate dai sistemi di filtraggio e finiscono nell’ecosistema marino. Ognuno di noi può fare qualcosa per aiutare il mare. Ridurre gli acquisti superflui, usare più a lungo i capi acquistati, effettuare lavaggi meno frequenti usando programmi per la lavatrice brevi, a basse temperature e con una velocità della centrifuga ridotta, come suggeriscono i ricercatori del CNR di Biella.
Nel vostro vademecum indicate anche di fare meno lavaggi possibili, a basse temperature. Questi passaggi come incidono sulla questione microfibre?
Dagli studi effettuati dal CNR è emerso che cicli ad alte temperature, alti PH di detergenti impiegati e programmi di lavaggio lunghi e con una centrifuga ad alta velocità danneggino maggiormente i capi con un rilascio di centinaia di migliaia di microfibre. I nostri consigli vogliono limitarne la dispersione in attesa di una soluzione definitiva al problema.
Quali consigli si possono dare per l’acquisto di capi “microplasticFree”?
Leggere l’etichetta prima di acquistare i capi e assicurarsi che nella composizione non siano presenti tessuti sintetici. Preferire fibre naturali ed investire su tessuti sintetici più eco-friendly potrebbe rappresentare una valida soluzione visto che il 60% di tutti gli indumenti a livello globale è realizzato in poliestere.
(Ove fosse tecnicamente possibile) sarebbe utile un filtro del genere in lavatrice?
Potrebbe essere utile studiare filtri per la lavatrice in grado di trattenere le microfibre ma è necessario l’impegno di tutti in particolare dell’industria tessile, dei produttori di detersivi e dei consumatori.
Una campagna di comunicazione secondo voi può davvero far molto? Avete, in questi anni, riscontrato un supporto della cittadinanza nelle campagne (ben comunicate)?
Certo, una campagna di comunicazione ben fatta può fare davvero la differenza. In tantissimi ci stanno scrivendo perché non erano a conoscenza del problema e del danno che le microfibre possono arrecare all’ambiente marino. L’informazione, la consapevolezza dei cittadini sono fondamentali.
Ad esempio una o più campagne vinte?
La nostra più recente vittoria è stata la legge contro le microplastiche e i cotton fioc in plastica in Italia. Dal 2019 saranno messi al bando i cotton fioc non biodegradabili, nel 2020 sarà invece la volta delle microplastiche nei cosmetici da risciacquo. Per noi di Marevivo è stato un grande risultato perché sin dal 2015 abbiamo lavorato affinché si raggiungesse questo risultato.
Intervista a cura di Letizia Palmisano giornalista ambientale