La giovane Greta Thunberg, in visita in Italia con onori e accoglienze degne di un Capo di Stato o di una Rockstar, sembra raccogliere una simpatia praticamente unanime. A parte qualche guitto a gettone da talk show e un po’ di complottisti da tastiera, pochi sono riusciti a non farsi conquistare dalla determinazione ferrea nascosta dietro il sorriso ingenuo della piccola attivista dall’impermeabile giallo. Vederla senza paura strapazzare i potenti della terra per la loro criminale passività di fronte alla sfida del cambiamento climatico ha aperto i cuori di tante persone alla speranza per il futuro, ma soprattutto ha solleticato il diffuso malcontento nei confronti della “casta”.
Ci piace molto vedere qualcuno, meglio ancora se un volto giovane e pulito, che prende per il bavero la classe politica che ci ha guidato sull’orlo del baratro e la mette di fronte alle proprie gravissime responsabilità. Ma in realtà viene il sospetto che la maggior parte di noi non sia pienamente consapevole del vero significato ciò che Greta, e i milioni di giovani di tutto il mondo che ha saputo mobilitare, stanno cercando di dirci.
Che cosa sta davvero chiedendo ai nostri rappresentanti politici? Che cosa succederà se qualcuno di loro avrà il fegato di prendere in mano la situazione e assumere le decisioni che servono, con la determinazione e l’urgenza necessarie?
Succederà che dovremo finalmente rivoluzionare i nostri stili di vita e i nostri modelli di consumo assurdi e insostenibili. Proprio quello che la classe politica sta evitando da anni, ben sapendo che rappresenterebbe un bagno di sangue dal punto di vista elettorale. La chiave di volta, in questo come in tanti altri ambiti, non sono le decisioni dei politici, ma l’opinione pubblica che fornisce loro il mandato. La stessa opinione pubblica che continua da decenni a premiare nelle urne un modello di sviluppo palesemente decotto: la favoletta della crescita infinita del PIL, la filastrocca delle grandi opere, il ritornello del rilancio dei consumi. Che non vuole rinunciare ad accompagnare i figli a scuola con il SUV a gasolio, farsi una doccia bollente di un’ora, mangiare carne tutti i giorni e fragole sudafricane a dicembre.
Quando Greta batte i pugni sul tavolo dei relatori delle grandi conferenze internazionali, sta parlando a noi tutti. Ci sta chiedendo di dare alla politica il mandato di mettere pesantemente in discussione il totem del consumismo che adoriamo da decenni, tenendo lontane le nostre amate automobili dalle strade, obbligandoci a investire nella riqualificazione energetica delle nostre abitazioni, facendo sparire il comodo usa e getta dai consumi quotidiani.
Se continueremo a crogiolarci nella comoda illusione che Greta stia parlando a qualcun altro, non sarà possibile aprire la strada ai cambiamenti che servono, e che le nuove generazioni stanno chiedendo. Ascoltiamo il loro appello. Non perché è giusto, ma perché probabilmente è l’ultima occasione che abbiamo.
Rolando Cervi