Quante volte, quasi quotidianamente, ci siamo ritrovati a dover gettare decine di volantini cartacei infilati nella nostra buca delle lettere? Quante volte ci siamo detti che avremmo preferito non riceverli proprio quegli annunci?
Ogni famiglia riceve in media 15 kg di pubblicità cartacea l’anno. Se anche non si buttasse via tutto, comunque si tratterebbe di una quantità che, moltiplicata per il numero di famiglie residenti in Italia, corrisponderebbe a migliaia di tonnellate di carta sprecate ogni anno.
Negli ultimi anni si è cercato più volte di fare chiarezza in materia, in seguito a vari tentativi di privati cittadini e comuni di limitare il numero di pubblicità cartacea in buca. La legislazione è recentemente evoluta in questo senso e, a partire dal 6 maggio 2019, con la scadenza del regime transitorio del Dpr 149/2018, un volantino a scopi pubblicitari a noi indirizzato e indesiderato può essere equiparato a una telefonata molesta. Ciò grazie all’aggiornamento ufficiale del cosiddetto Registro delle Opposizioni: ovvero, un elenco a cui ci si può iscrivere che garantisce il diritto di difendersi dalla pubblicità considerata molesta, telefonica, così come (da maggio scorso appunto) quella cartacea.
Problema risolto, si potrebbe concludere, tuttavia non è così semplice. Infatti, il decreto non prende in considerazione tutta quella posta che riceviamo e che non è indirizzata a noi personalmente: flyers, cataloghi, dépliant… Per questi casi non possediamo, in Italia, nessuno strumento legale specifico cui avvalerci.
Esistono tuttavia delle accortezze che ciascuno può prendere per ridurre, se non addirittura eliminare la posta indesiderata. Due sono le soluzioni finora utilizzate e diffuse nel nostro paese: l’affissione sulla propria cassetta o, previo accordo dell’Assemblea condominiale all’unanimità, su uno spazio dedicato nell’edificio, di un esplicito divieto recante scritto “No Pubblicità”; in alternativa, i condomini (sempre e solo se tutti sono d’accordo) possono decidere di adibire un raccoglitore esterno al deposito di tutti i volantini e cataloghi di natura pubblicitaria a nessuno destinati.
La prima opzione sarebbe validissima, lasciando libertà totale alle persone di decidere, ma purtroppo non sempre è efficace: infatti, spesso il materiale indesiderato si riceve in ogni caso. L’unica soluzione in questo caso resta la querela per “molestia e disturbo di persone”, nonché “violazione della privacy” direttamente alla società di distribuzione. Infatti, indipendentemente da chi sia a fare volantinaggio, in questo caso un soggetto terzo, è sempre chi si avvale di tale soggetto che risponde delle sue attività illecite; a maggior ragione quando si tratta di pubblicità.
La seconda opzione comporta invece un piccolo costo aggiuntivo per ogni singolo utente in termini di tassa dei rifiuti, ma evita grane e appelli alla giustizia.
Riassumendo, i modi per evitare la pubblicità definita indesiderata ci sono, ma sono i singoli cittadini, oppure i condomini a doversi attivare allo scopo. E i Comuni? Questi possono, secondo il TAR di Brescia ripreso poi anche da Torino, nel 2015 “…operare mediante i normali poteri di vigilanza sul territorio per prevenire gli effetti indesiderabili del volantinaggio (maggiori rifiuti, intasamento delle cassette postali) e per sanzionare i singoli abusi, colpendo esclusivamente i responsabili e le imprese per cui gli stessi effettuano la distribuzione pubblicitaria”.
Ora, fermiamoci un attimo: che n’è della questione ambientale in tutto questo? A livello nazionale, in termini di legislazione, ci si è limitati a sottolineare il carattere indesiderato della posta a fini commerciali, ma in nessun momento si è colta l’occasione per lanciare una campagna di comunicazione ambientale, su scala nazionale, che appunto enfatizzasse l’impatto ambientale di tale carta sprecata. Manca forse la volontà politica? Oppure, come segnalato da alcune sentenze, si andrebbero a ledere eccessivamente i diritti costituzionali di libertà dell’iniziativa economica privata delle aziende di farsi pubblicità come lo desiderano?
Sia quel che sia, ma l’approccio al problema è totalmente diverso in Francia, dove, sin dal 2005, in occasione della Settimana della Riduzione dei Rifiuti, iniziativa dal 2009 diventata europea- che cade proprio questa settimana, tra l’altro- il governo nazionale, attraverso l’intervento del Ministero dell’Ecologia e dello Sviluppo Sostenibile ha lanciato una campagna intitolata “Réduisons vite nos déchets, ça déborde” (traduzione: “riduciamo in fretta i nostri rifiuti, perché (la pattumiera) straborda”).
Il progetto aveva l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini alla riduzione dei rifiuti domestici, attraverso l’illustrazione di alcune semplici accortezze da adottare quotidianamente, all’atto dell’acquisto, così come al momento dello smaltimento dei prodotti. La campagna è stata un’occasione per mobilizzare anche gli attori implicati nel processo produttivo: le fabbriche e le aziende sono state incitate ad essere lungimiranti e a fare degli sforzi per rendere la loro attività più rispettosa dell’ambiente in tutte le fasi, dalla produzione alla commercializzazione.
Nel 2009 la campagna è stata rilanciata con la diffusione di spot tv e radio e la promozione di 20 gesti per la riduzione dei rifiuti: tra questi c’era anche l’affissione dell’adesivo “stop pub”, disponibile al comune, nei centri commerciali o presso le ONG locali implicate nelle tematiche ecologiche. I numeri del primo anno in cui la campagna è stata avviata sono stati richiesti 2,6 milioni di stickers, a seguire dei comuni hanno deciso di produrne di loro personalizzati, così ne sono stati stampati altri 1,5 milioni. Più del 70% di coloro che hanno affisso l’adesivo sono stati soddisfatti del risultato.
Da indesiderata per motivi vaghi in Italia, la pubblicità cartacea non gradita diventa prodotto bandito dalle cassette delle lettere in Francia perché un inutile spreco di carta. L’accento è posto su due aspetti completamente diversi, ma siamo sicuri che, con i metodi attualmente disponibili (e conosciuti) in Italia la gente riesca ad ottenere risultati altrettanto soddisfacenti che in Francia nella riduzione della pubblicità indesiderata?
Al di là delle Alpi, stimolare la nascita di una coscienza ecologica, nei cittadini così come nelle aziende, si è rivelata una strategia lungimirante ed efficace; due piccioni con una fava, come si dice: la sensibilizzazione e l’eliminazione di un problema percepito come tale dalla popolazione.
Volendo chiudere con una nota positiva, si segnala l’iniziativa del 2011 del comune di Brescia, con l’appoggio della Regione Lombardia, la quale sembra andare nella direzione giusta. Sulla falsa riga della campagna francese, l’amministrazione lombarda ha proposto, ad un campione di residenti selezionato, degli adesivi da incollare alla buca delle lettere per limitare l’arrivo di pubblicità cartacea indesiderata; la questione ambientale è diventata, anche in questo caso, il marchio della campagna stessa.