Parliamo di sostenibilità partendo da un colosso dell’informatica mondiale, Intel, il quale ha pubblicato il proprio bilancio sociale, con tanto di report di sostenibilità, dandosi 2 obiettivi principali: al 2030 prevede di raggiungere il traguardo di Rifiuti Zero e il 100% energia rinnovabile.
Per cercare di capire come Intel cercherà di raggiungere questi obiettivi, durante la sua #envinews, Roberto Cavallo ha intervistato Agostino Melillo, communication & brand manager Intel Italia.
Roberto: La mia generazione è cresciuta con il Jingle di Intel durante le pubblicità, parliamo di 25 anni fa ormai, dacci un po’ di informazioni e di numeri sul gruppo: chi è Intel, quanti siete, dove si trova la sede.
Melillo: Intel è una delle grandi aziende che hanno rivoluzionato il settore, fondata nella Silicon Valley (che lo ha reso un luogo iconico come lo è attualmente) oltre 50 anni fa. Inizialmente l’azienda era focalizzata sullo sviluppo di memorie poi, portando avanti l’innovazione, c’è stato un peso sempre maggiore dei processori.
Grazie al progetto di un fisico italiano, Federico Faggin, Intel ha prodotto il primo microprocessore (Intel 4004) e da qui i processori sono poi diventati una parte molto importante del business aziendale fino a quella che è stata la rivoluzione del PC: la maggior parte dei PC aveva, al loro interno, un processore che li rendeva potenti e in grado di supportare le esigenze delle persone.
In questo momento storico siamo a un’ulteriore svolta: se negli ultimi decenni siamo stati per lo più un’azienda di PC, quindi fornendo componenti per i PC, oggi siamo una Data Company, fatta con il trend dei dati: dai dispositivi informatici (oggetti intelligenti, device) che producono dati in maniera intelligente, fino alla connessione, le attuali tecnologie di connessione (la prospettiva della tecnologia 5G futura), fino anche allo storege (dove di immagazzinano i dati, server).
Dacci due numeri sulle persone, quanti siete in Intel?
Le aziende sono fatte di persone e noi, numericamente, siamo oltre 100.000 in tutto il mondo sparsi in tutto il mondo, ma il 50% della forza lavoro è negli Stati Uniti.
Circa l’85% ha ruoli tecnici, lavorano nelle cosiddette “fabs”, le nostre factory, dove si producono i chip e si trovano in Stati Uniti, Cina, Israele e Irlanda. A questi si aggiungono delle sedi produttive per i test, si trovano in Malesia, Costa Rica, Vietnam e Cina.
Accanto a questi ci sono i Labs, ovvero dove si fa ricerca e sviluppo, infatti Intel è tra le 5/6 aziende ad investire di più in ricerca e sviluppo in assoluto, e anche di questi ce ne sono diversi a seconda del settore e dislocati in tutto il mondo.
Abbiamo aperto la envinews con il vostro report di sostenibilità che mi ha incuriosito soprattutto leggendo che Intel intende, entro il 2030, arrivare a Rifiuti Zero e al 100% di energia rinnovabile. Ovviamente sono traguardi che non si raggiungono dall’oggi al domani, ti chiederei quindi a che punto siete e cosa c’è dietro a questi numeri. E come pensate di raggiungere i vostro obiettivi?
Non è un percorso che si può compiere in maniera rapida ma non è neanche un percorso che si può compiere da soli. Se stiamo imparando qualcosa in questi momenti è che le sfide che il mondo sta attraversando sono sempre più grandi e la singola azienda, per quanto possa essere grande e capace di raggiungere i propri obiettivi, ha bisogno di creare un ecosistema e lavorare in maniera congiunta e condivisa.
Il report che abbiamo pubblicato ha una doppia faccia: una faccia retrospettiva, un bilancio di ciò che è stato fatto fino ad oggi, e una seconda faccia che mostra il nostro obiettivo al 2030.
L’Energia Rinnovabile è qualcosa su cui stiamo lavorando da oltre un decennio, siamo stati tra i primi principali volontari a lavorare intorno ai green power e alla fine del 2019 il 100% del nostro utilizzo energetico era orientato verso il green power. Ci sono delle sedi in cui era stato implementato in maniera maggiore, altre sedi che lavorano per adeguarsi, ad esempio il sito israeliano è da prendere come esempio per questo percorso.
Green power è un aspetto di nostro interesse verso il consumo energetico, l’altro aspetto è quello dell’efficienza dei consumi.
Nell’immaginario collettivo, un computer acceso consuma energia, come anche il server che gira o una connessione. In modo provocatorio potremmo dire: va bene l’energia rinnovabile ma se consumiamo tanta energia è un po’ come il gatto che si morde la coda. Tu hai parlato più di una volta di efficientemento energetico, quindi c’è anche un’attenzione a ridurre i consumi in qualche modo?
È molto importante ridurli ma senza ridurre anche la produzione, noi siamo in un momento di continua espansione quindi tutti questi obiettivi che abbiamo raggiunto, e che continueremo a raggiungere, si faranno se la produzione non subirà rallentamenti.
Per l’efficientemento energetico si può fare molto, ad esempio nei PC la riduzione energetica la stiamo portando avanti da anni e qui è importante l’approccio ecosistema: i processi evolvono mantenendo lo stesso tipo di performance a parità di consumo energetico. Ma ci sono tanti altri diversi fattori che contribuiscono al consumo energetico di un PC, ad esempio i display, che possono far risparmiare il 50% dell’energia a un computer. E poi i cloud e i dati center: Aruba, vicino a Bergamo, è un esempio di riduzione delle emissioni.
Raddoppia la potenza e si dimezza la grandezza del processore. Questo è utile nel processo verso i rifiuti Zero. Leggo dal report che siete già al 90% del riciclo dei vostri materiali. Come siete riusciti ad arrivare a questo risultato? E come vi preparate a raggiungere “l’ultimo miglio”?
Hai detto bene, l’ultimo miglio è quello più difficile. Ci stiamo lavorando in molteplici maniere: se siamo arrivati al 90% è perché siamo riusciti a raggiungere standard di Rifiuto Zero in tutte le filiere e ridurre gli inquinanti. La ricerca si è sviluppata sulle materie utilizzate e tutta questa ricerca si applicherà ancora coinvolgendo sempre di più i nostri partner, estendendo anche questi obiettivi all’acqua. Noi infatti lavoriamo il silicio, che è un materiale naturale e che richiedere acqua: la nostra ambizione è quella di restituire alla Terra più di ciò che togliamo.
Oggi i nostri smartphone funzionano grazie a una quarantina di Terre Rare, concentrate in un’area ben specifiche della Terra. Qual è il vostro punto di vista sull’utilizzo dei minerali rari?
Tantalio, stagno, tungsteno, oro sono tutti materiali utilizzati nell’informatica e tanti arrivano da paesi africani interessati da conflitti, come per esempio il Congo. Non ignoriamo queste dinamiche e infatti ci assicuriamo che i minerali che giungono da queste terre non alimentino i conflitti accennati e che rispettino gli standard del lavoro e i diritti umani. Insomma, una responsabilità etica che non riguarda solo noi ma l’intera società in cui operiamo.
Ultima domanda: tanti di noi in questo periodo di Covid-19 hanno scoperto l’informatica. Dalla didattica alla spesa a distanza, in questa epidemia – e come sempre in ogni crisi – possiamo vedere degli aspetti positivi. Quali sono i contributi che l’informatica può dare alla ripresa?
Sono molti i contributi. Ora è stato un apprendimento accellerato e forzato ma sarebbe bello che la stessa quantità di cose imparate in questo periodo siano diluite in tempi più estesi. Senza la fretta di un’emergenza, insomma. La tecnologia in questo periodo ha dimostrato di poter tenere unita la società: insegnati con gli studenti, dipendenti di un’azienda ecc. Però è emerso anche il gap di competenze digitali e di disposizioni tecnologiche. Questo è sicuramente un elemento sul quale attirare investimenti economici, come quello della ricerca. Anche perché la tecnologia può aiutare la scienza ad accellerare la scoperta di soluzioni.
Infine l’innovazione del sistema salute, con la medicina a distanza, può aiutarci a essere preparati per le prossime emergenze.
Qui potete rivedere l’intervista per intero: https://www.facebook.com/errecavallo/videos/1128023274241920/