Stanno per riaprire le scuole, e si torna a parlare di mascherine. Secondo il Protocollo d’intesa emanato dal Ministero dell’Istruzione per anno scolastico 2021/2022, sarà obbligatoria la mascherina anche al posto, dai 6 anni in su, in aula. (Ricordiamo però che lo scorso anno il Tar Lazio aveva dichiarato questa misura sproporzionata e irragionevole per bambini delle primarie). Oltre ai risvolti negativi pedagogici la mascherina porta con sé un enorme disastro ambientale.
Lo scorso anno a scuola erano permesse anche le mascherine di comunità (stoffa), e la rete Zero Waste aveva lanciato una campagna di sensibilizzazione sull’uso di queste mascherine, invitando a rifiutare quelle usa e getta.
Per l’anno scolastico 2020-2021 sono considerate obbligatorie solo le mascherine chirurgiche. Il governo però non specifica “usa e getta”, quindi possono essere usate mascherine chirurgiche lavabili. Purtroppo c’è il rischio che tante scuole obblighino all’usa e getta interpretando la norma in modo restrittivo.
È importante quindi informare presidi genitori e studenti che esistono mascherine chirurgiche lavabili e che non sono assolutamente vietate dal governo. Ci sono varie aziende che producono mascherine chirurgiche lavabili certificate (ad es. tigota, ninfea, eta beta).
La coop. sociale “Eta Beta” propone anche (alle istituzioni, a scuole e imprese), un sistema di lavaggio e consegna della mascherina con filtri.
Ma purtroppo il Governo, come lo scorso anno, invece che finanziare e incentivare mascherine lavabili e sistemi di consegna e lavaggio, fornirà milioni di mascherine usa e getta (1 al giorno per studente) alle scuole.
Ricordiamo che FCA una delle aziende produttrici di mascherine distribuite a scuola, è stata denunciata per frode perché secondo alcune analisi le mascherine non filtravano.
Una valanga di rifiuti, spesso inutile, assolutamente diseducativa e devastante per l’ambiente.
Le mascherine usa e getta, hanno infatti un impatto simile e superiore a quello delle bottigliette di plastica. Se ne gettano 43 miliardi al mese nel mondo: basta che l’1% del totale di questi miliardi sia disperso nell’ambiente per provocare gravi impatti ambientali. Si stima che nel 2020 siano finiti in mare 1,5 miliardi di mascherine.
Una mascherina chirurgica in mare rilascia fino a 173 mila microfibre di poche decine di micron al giorno.
Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, l’aumento della produzione di mascherine usa e getta ha generato emissioni di gas serra fra 14 e 33,5 tonnellate di CO2 equivalente per tonnellata di prodotto.
Non solo CO2 e microfibre, ma anche piombo, antimonio, rame, metalli pesanti vengono rilasciati in ambiente dalle mascherine rifiuti. Attualmente in atto c’è la campagna “Taglia l’elastico prima di gettare la mascherina nella spazzatura!” a cui hanno aderito anche Licia Colò e alcune associazioni animaliste, tra cui la Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli). Si chiede di togliere l’elastico dalle mascherine prima di gettarle nella spazzatura per evitare che gli animali, in particolare uccelli o gatti che potrebbero rovistare nella spazzatura, restino impigliati col becco o con le zampe.
Ma il problema è a monte. Con la valanga di mascherine usa e getta imposta dai governi, è statistico che almeno una percentuale si disperderà nell’ambiente. Se poi le mascherine vengono smaltite correttamente nell’indifferenziata, finiranno incenerite, con conseguente produzione di polveri sottili e diossina. Ridurre i rifiuti a monte è la soluzione, ma i governi non sembrano assolutamente prenderla in considerazione.
Il cd “pandemic trash” sta diventando una delle minacce più pericolose per gli ecosistemi e per la fauna: ormai è chiaro che se continuiamo di questo passo, non andrà tutto bene.