Daniele Vallet, 47 anni, valdostano, laureato in psicologia, è un pedalatore, scrittore e sognatore. Ha rinunciato al posto fisso e da anni gira con la sua bici, incontrando gente e contribuendo a far nascere bei progetti.
Daniele Vallet raccontaci degli ultimi 9 mesi…
9 mesi fa sono partito per andare in Congo, dove sarei stato ospite di una missione. L’obiettivo era (ed è stato) finanziare la realizzazione di biciclette per le donne del villaggio. Una cosa che dovrebbe farci riflettere, perché se da noi dobbiamo incentivare la gente ad andare in bici, laggiù la bici è quasi un lusso, chi ce l’ha riesce ad andare al lavoro più facilmente e con meno sforzo. Anche per questo io penso che la bici è l’equità, il punto di incontro tra i popoli del mondo (come diceva anche Illich), tra chi ha troppo e troppo poco. Ma tornando al viaggio… non tutto è andato come previsto. Una volta arrivato in Gibilterra non ho potuto raggiungere il Marocco per la chiusura delle frontiere e quindi, mio malgrado, ho deciso di pedalare verso Nord. Il progetto Veloafrica è rimasto in piedi attraverso un crowdfunding e a maggio abbiamo inviato 3.000 euro in Congo per le bici. Io nel frattempo ero arrivato a Capo Nord, e sono ridisceso attraversando la Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Austria e quindi nelle Dolomiti. Qui in Italia ho cercato di coinvolgere nel Progetto Boudzate più comuni possibili.
Di che si tratta?
Boudza-Té dal dialetto patois “Muoviti”, in francese “Boujetoi” è un progetto che ho ideato io, ormai 3 anni fa, nel mio piccolo paese valdostano, Charvensod (2400 abitanti e 800 metri slm) e poi si è allargato ad altre amministrazioni in tutta Italia. In pratica i cittadini sopra i 14 anni che vanno al lavoro o a scuola in bici o a piedi, ricevono dei buoni (max 60 euro al mese) che si possono spendere solo nei negozi, nei mercatini, nelle fattorie biologiche locali. Questo perché vogliamo far capire che la mobilità sostenibile è strettamente legata al benessere del territorio e all’economia locale. Abbiamo realizzato video e feste finali, per sensibilizzare sul progetto. Voglio specificare che io non ne ricavo niente, è un’idea che tutti possono copiare e migliorare, ne sono solo felice.
Cosa impedisce alla gente di mollare l’auto?
Ci sono problemi reali da risolvere, come la gran quantità di auto, la scarsità di mezzi pubblici e la mancanza di sicurezza stradale ma anche problemi psicologici legati ai preconcetti da abbattere, alle abitudini da cambiare. Dopo aver vinto la prima fatica, spesso si capisce la bellezza e l’importanza di muoversi all’aria aperta, migliora anche l’umore e si rafforza il nostro sistema immunitario. E poi in molti contesti, come quello cittadino, la bici è realmente più veloce.
Raccontaci dei tuoi libri…
Due di cicloviaggio (“Fernanda ed Io”, “Metafora Piccola odissea moderna verso Itaca”), due di viaggio a piedi e coi mezzi (“Nella terra dei giganti” e “India Nuda”) e 2 di psicologia (“Corpo Psiche e Spirito nel Digiuno terapeutico” e “Sul Filo del rasoio, dialoghi e riflessioni sulla nondualità”). Sto per iniziare a scrivere il libro sul viaggio che ho appena terminato. Tutti i libri hanno un taglio introspettivo e direi psicologico, sono una riflessione sulle nostre paure e il tentativo di superarle.
Come ti vede e accoglie la gente sul tuo cammino?
Nel libro “Fernanda ed io, storia di un viaggio solitario in bicicletta”, ho raccontato il mio viaggio in Sardegna, l’ho fatto senza mai andare negli alberghi, ma ospite di 23 famiglie sul territorio, è stato un contatto fugace e profondo… ad ogni famiglia ho poi regalato il libro come segno di gratitudine.
La gente nel Nord Europa non è particolarmente accogliente o curiosa al passaggio di un cicloturista (forse per via della poca luce e del clima?), ma le persone con le quali sono riuscito ad andare oltre un primo contatto superficiale, si sono dimostrate generose e aperte.
Raccontare i propri viaggi può aiutare anche a comunicare il rispetto della natura?
Viaggiare è un modo per conoscere e conoscersi. Una maniera di allargare i propri orizzonti dentro e fuori. Un modo per vincere molte paure e andare incontro allo straniero e essere accolti dallo straniero. Viaggiando leggeri, in bici o a piedi, dà tempo e modo di vedere l’impatto sempre più grande e dannoso che il sistema dei trasporti su gomma ha nei confronti dell’ambiente. Stragi di animali quotidiane, abbandoni di quantità enormi di immondizia e infine incidenti mortali sempre più frequenti. Il viaggiare lento appunto ci aiuta a entrare di nuovo in sintonia con la natura e i suoi ritmi, che niente hanno a che vedere con lo stress che l’uomo si autoinfligge.