L’annoso dibattito sulla coesistenza uomo e fauna selvatica non si è concluso e, probabilmente, non vedrà mai una fine. Ogni anno qualche evento lo riporta alla ribalta, così gli scontri si riaccendono. Tuttavia, solo una convivenza pacifica ha le potenzialità per tutelare, da un lato, le specie selvatiche e, dall’altro, gli interessi del territorio a lungo termine. Emblematico è il caso delle popolazioni italiche di lupo che, specie nelle Alpi, hanno raggiunto numeri sorprendenti. Tutelarli è un nostro dovere. Garantire che non rechino danni, altrettanto. In quest’ottica e, soprattutto con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione dell’arco alpino circa l’importanza ecologica del carnivoro, è nato Life WolfAlps. Stiamo parlando di un progetto finanziato dall’Ue, da non molto avviato ma che ha già riscosso particolare successo. Abbiamo intervistato Andrea Omizzolo di Eurac Research, responsabile locale per la comunicazione del progetto in Alto Adige.
Salve Andrea, in cosa consiste il progetto LIFE WolfAlps EU?
Salve Simone, il progetto LIFE WolfAlps EU punta a migliorare la coesistenza fra il lupo – ritornato naturalmente a colonizzare le Alpi dopo la totale eradicazione della specie in queste montagne negli anni Venti del secolo scorso – e le persone che in questi territori oggi vivono e lavorano. Una coesistenza non sempre facile ma possibile e necessaria. Il progetto è finanziato dal programma europeo LIFE, il cui scopo è quello di promuovere progetti per la tutela ambientale in linea con l’attuale Green Deal Europeo. Si tratta, evidentemente, di un progetto molto ambizioso ed impegnativo cui lavora una squadra internazionale e multidisciplinare afferente a ben 20 partner provenienti da Italia, Francia, Austria e Slovenia. Il progetto intende instaurare con tutti i portatori di interesse locali un dialogo aperto e costante, capace di far emergere le criticità legate alla presenza del lupo, ma anche favorire lo sviluppo di idee e collaborazioni per migliorare la coesistenza.
Quali strumenti avete scelto per divulgare l’iniziativa e, in generale, per sensibilizzare sul tema?
Il progetto ha previsto in particolare di dotarsi di una specifica Strategia di Comunicazione, fortemente connessa con le azioni di conservazione. Abbiamo sviluppato e stiamo sviluppando video, materiali didattici per il programma LIFE Alpine Young Ranger, materiale informativo per restituire i risultati dello studio preda-predatore-cacciatore, un manuale per gli operatori del monitoraggio, linee guida sul turismo responsabile in aree di presenza del lupo.
Il progetto ha anche istituito uno specifico Media Office che produce regolarmente una rassegna stampa alpina, raccogliendo quotidianamente gli articoli principali sul progetto e relativi alla presenza del lupo nelle Alpi, e un innovativo Stewardship Office con l’obiettivo di responsabilizzare e coinvolgere attivamente nelle varie azioni quegli stakeholder già coinvolti dal tema della presenza del lupo che condividono alcuni degli obiettivi del progetto. Utilizzando un approccio partecipativo il progetto si è inoltre posto l’obiettivo di riunire periodicamente intorno a un tavolo i principali portatori di interesse (imprenditori agricoli zootecnici, cacciatori, associazioni di tutela ambientale).
I partner del progetto hanno previsto attività educative dirette ai bambini in età scolare e agli insegnanti, ma anche una linea divulgativa itinerante appositamente progettata per le aree urbane, nuova frontiera della ricolonizzazione naturale del lupo, per informare e coinvolgere il pubblico delle città sul tema del ritorno del lupo e sulle problematiche/opportunità che esso comporta.
In conclusione, quali i traguardi e gli obiettivi a breve e lungo termine?
I nostri obiettivi sono chiari: far sì che la l’Alto Adige che, come provincia, si è posta l’obiettivo prioritario per il 2030 quello di trasformarsi nel “regno” della biodiversità, non fallisca in questo ambizioso traguardo. Stiamo lavorando per sostenere le attività tradizionali nelle aree montane altoatesine, oggi alle prese con alcune esternalità negative legate al ritorno del grande carnivoro, e per far sì che anche questa specie possa esistere nei suoi territori.
Ridurre questi impatti negativi si può, mettendo in atto azioni specifiche che proprio il progetto sostiene e promuove. Diffonderle, agevolare e moderare il dibattito, e contrastare inutili posizioni estremiste come anche notizie false, sono i metodi che abbiamo scelto di utilizzare.