Il Rapporto “Limits to Growth”, detto anche Rapporto Meadows, commissionato al MIT (Massachusetts Institute of Technology) dal Club di Roma, venne pubblicato nel 1972. Fin dai primi momenti, fu capace di assorbire una vasta eco da essere unanimemente riconosciuto come punto di svolta in relazione alle risorse ambientali.
Attraverso simulazioni realizzate al computer con World3 (un complesso modello di equazioni non lineari e cicli di retroazione), Limits to Growth mise in luce le conseguenze della continua crescita della popolazione e delle economie sugli ecosistemi terrestri. Grazie ai parametri assegnati e all’indagine meticolosa, il MIT fu capace in maniera del tutto indipendente di svolgere predizioni sullo scenario fino al 2050.
Innanzitutto, è necessaria una prospettiva di contesto: gli anni del Secondo Dopoguerra furono legati a una massima espansione economica, con crescita della popolazione e del consumo di risorse a ritmi esponenziali. Erano i tempi dell’illusione e delle possibilità sconfinate, in cui tutto sembrava illimitato. Le problematiche ambientali dovute al repentino sviluppo erano gestite unicamente nell’ottica cosiddetta “end of pipe”, con interventi puntuali e circostanziali a valle del problema.
Alla fine degli anni Sessanta, alcuni intellettuali, scienziati ed economisti iniziarono a interrogarsi su questi elementi in relazione a una crescita che sembrava apparentemente infinita e illimitata. Nacque così il Club di Roma, guidato da Aurelio Peccei, manager di FIAT e Olivetti S.p.A. che dimostrò grande interesse verso i temi delle diseguaglianze sociali.
Il Rapporto sui limiti dello sviluppo, tradotto in 30 lingue e con circa 30 milioni di copie vendute, venne elaborato da Donella e Dennis Meadows, Jorgen Randers e William W.Behrens III e giunse alle seguenti conclusioni:
- Entro i cent’anni successivi, i limiti dello sviluppo sarebbero stati raggiunti se si fosse mantenuto costante il tasso di crescita, di produzione, di inquinamento e di sfruttamento delle risorse non rinnovabili.
- Cambiare il corso naturale degli eventi è possibile, progettando un nuovo stato di equilibrio globale concepito “in modo che le necessità di ciascuna persona sulla terra siano soddisfatte, e ciascuno abbia uguali opportunità di realizzare il proprio potenziale umano”.
Anche a fronte degli eventi contemporanei di quegli anni, come la crisi petrolifera e dei mercati cerealicoli, il Rapporto riuscì a modificare il paradigma di pensiero di quegli anni e a contribuire al dibattito grazie alle sue avanzate simulazioni. Il 1972 vide lo svolgersi della Conferenza Internazionale di Stoccolma: il problema ambientale divenne così coscientemente globale e, per la prima volta, si sancirono dichiarazioni e accordi multilaterali sul tema della “protezione ambientale”.
Gli stessi autori pubblicarono versioni aggiornate del modello di simulazione (nel 1992 Beyond the Limits e nel 2024 Limits to Growth: The 30-Year Update) e lo stesso Club di Roma ha presentato, lo scorso settembre, il libro “Earth4all: a survival guide for humanity[1]”. Il successo de “I limiti dello sviluppo” rimane profondamente attuale, dato che le tesi divulgate cinquant’anni fa si dimostrarono coerenti con la realtà e potente fu il loro messaggio.
[1] Non ti è nuovo questo titolo, vero? Infatti, è una delle letture natalizie consigliate da Envi.info!