Ne parliamo con l’Avvocato Veronica Dini, Presidente dell’associazione Systasis.
Si è tenuta ieri sera, 14 febbraio, presso la Triennale di Milano la presentazione del progetto “Le Rotte del Clima”, la prima iniziativa italiana di ricerca e advocacy sulla migrazione ambientale e climatica. Evento moderato da Sara Milanese, autrice di Radio Popolare. Tra i partecipanti Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Stefano Boeri, Presidente della Triennale di Milano, Margherita Romanelli, We World Coordinator, Francesca Biondi Dal Monte, professoressa associata della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e Veronica Dini, Presidente dell’associazione Systasis e promotrice del progetto.
Proprio con Veronica abbiamo approfondito il metodo, le prospettive del progetto e le sfide della comunicazione ambientale sul rapporto tra migrazioni e crisi climatica.
Partiamo dal principio: di che cosa si occupa l’associazione Systasis?
Systasis nasce nel 2015 come centro studi senza fini di lucro. Siamo un gruppo multidisciplinare, composto da scienziati, giuristi, sociologi, antropologi, operatori del settore. Ci occupiamo di produrre analisi e ricerche, organizziamo corsi di formazione. Dopo aver proposto un focus sui migranti ambientali che ha destato particolare interesse, abbiamo avviato collaborazioni con i centri di accoglienza per raccontarlo a tutto tondo – da qui, l’idea del progetto “Le Rotte del Clima”.
Chi sono i vostri interlocutori?
Gli interlocutori vengono individuati con le singole iniziative. In generale, facciamo attività orientata: la ricerca è fondamentale, ma non deve essere fine a se stessa, ed è per questo che aggiungiamo la sperimentazione. Con il progetto appena presentato, mettiamo al centro i migranti: ci rivolgeremo direttamente a loro per capire meglio le loro esperienze e necessità.
È una doppia sfida: trovare una comunicazione integrata all’interno di questo gruppo multidisciplinare e trasmettere all’esterno i concetti di crisi climatica e migrazione ambientale. Qual è il metodo di Systasis per affrontare con efficacia queste difficoltà?
Innanzitutto, è vero che siamo una rete di esperti, ma quello che stiamo cercando di fare va oltre: l’avvocato, il sociologo, il ricercatore, l’operatore – tutti e tutte si trovano a lavorare insieme. Parliamo di contenzioso climatico, ecocidio, diritti della natura – temi nuovi che vanno chiariti, per cui stiamo cercando di adottare un linguaggio e una comunicazione non banalizzata, ma che possa parlare a professionalità di varia provenienza.
“Le Rotte del Clima” affronta questa sfida partendo dal presupposto che si tratta di un tema respingente: l’informazione si concentra su eventi estremi e lo fa in maniera drammatica con numeri e dati. Non persone, non storie. Noi lavoreremo con i migranti perché è con i loro racconti che parte la comprensione del fenomeno. Ci sarà inoltre il coinvolgimento di una compagnia teatrale di migranti, la distribuzione di un fumetto, la proiezione di un documentario. Credo che questo sia fondamentale per rendere partecipe anche il famoso “cittadino qualunque”.
Qual è dunque il messaggio chiave del progetto?
Il primo messaggio è che il tema della crisi climatica non riguarda presunte invasioni di persone, ma tocca tutti e tutte in prima persona. Viviamo in un’area, quella del Mediterraneo, che è di fatto uno spot climatico. Anche noi rischiamo di diventare migranti climatici: come possiamo attivarci?
Da Avvocato, il problema dal punto di vista legale è che non esiste ad oggi una definizione giuridica e internazionale di migrante climatico e ambientale. Stiamo dunque parlando di persone che non vengono identificate in nessun modo.
La comunicazione è fondamentale per riconoscere il fenomeno, riconoscere che ci appartiene, riconoscere che è peculiare rispetto ad altri.
È chiaro che il migrante non scappa solo per ragioni collegate ai cambiamenti climatici (salvo eccezioni), ma normalmente è un fattore influente sui conflitti: il degrado ambientale crea alterazioni sociali, che spesso generano anche conflitti armati.
Con questa iniziativa, vogliamo portare dei casi pilota a giudizio al Tribunale di Milano, partner del progetto, per il riconoscimento dello status di migrante ambientale e climatico. Per sollevare il fenomeno dalla polvere, è importante che anche i migranti stessi percepiscano questo elemento della loro migrazione. Chi scappa, non lo racconta perché non lo interiorizza, ma questa parte della storia ha un peso e deve essere garantita la tutela.
Per sostenere il progetto “Le Rotte del Clima”, è in corso un crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal Basso: partecipa anche tu!
Il progetto ha, accanto al soggetto promotor Centro Studi Systasis, i partner We World, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, HRIC, ASGI, A Sud Onlus, Teatro Utile il viaggio, il Research Unit on Everyday Bioethics and Ethics of Science (RUEBES) dell’Università di Firenze, oltre che molti centri di accoglienza per migranti, in tutta Italia.