“Il respiro del mondo”, è un percorso iniziato nel 2021 da Lipu, Enea, Università di Padova, Università della Tuscia, dedicato al rapporto tra umano e vegetale. Il prossimo 21 aprile si terrà il terzo convegno del ciclo, presso il Palazzo del Bo di Padova. Ne parliamo con Marco Dinetti, Responsabile Ecologia urbana della Lipu.
Perché questo ciclo di convegni?
Vogliamo contribuire a creare una nuova cultura del verde con un messaggio che parla delle piante come esseri viventi e senzienti, portatori di diritti che andrebbero riconosciuti formalmente. Le piante si sono evolute ben prima di noi, hanno adottato strategie adattative molto efficienti, riescono a sopravvivere a condizioni per noi proibitive.
Perché sostenete sia necessaria una riforma del pensiero e del lessico?
C’è una diffusa cecità alle piante (plant blindness) associata all’utilizzo di termini come ‘infrastrutture‘, ‘manutenzione‘, ‘verde attrezzato‘, ‘verde ricreativo‘. Questi termini appartengono a una logica antropocentrica, rimandano ad una generazione di piani e progetti che semplificano il rapporto uomo/piante a mera fornitura di servizi ecosistemici. Secondo questa visione, le piante sono a nostro uso e consumo. Tagliamo, abbattiamo e ripiantiamo.
Pensiamo alle piante come oggetti, semplici merci inanimate sugli scaffali del supermercato del mondo, prodotti usa e getta. Si abbattono alberi per potenziare l’infrastruttura viaria, dei servizi di rete o telefonia o elettrici, poi con le compensazioni se ne ripiantano altri. Questo muove l’economia ma è un grave danno inflitto all’ecosistema: distrugge le specificità e le relazioni, ignora totalmente la capacità di sentire delle piante. Così, a fronte di un gran parlare (e operare) per nuovi impianti di alberi (forestazione urbana), poco si parla e ci si adopera per tutelare le piante e le aree verdi esistenti, fondamentali per la qualità ambientale e il benessere psico-fisico della gente.
Gli alberi sono quindi capaci di sentire?
Sono capaci di sentire e misurare il mondo intorno a loro, di prendere decisioni e attivare processi, di comunicare tra loro, oltre che essere formidabili alchimisti esperti nella trasformazione di acqua, terra e luce in una miriade di sostanze diverse. In sintesi, vere e proprie “officine vegetali”. Anche il termine “stato vegetativo” usato per descrivere una perdita di connessione con il mondo, di privazione della capacità di movimento, di razionalità e di relazione, riflette la nostra ignoranza sulle piante. Le ricerche ci fanno invece capire che hanno sensi molto sviluppati e delle facoltà che possiamo definire “intelligenti”. Vi sono quindi sufficienti ragioni, sia di natura etica che pratica, per andare verso il riconoscimento giuridico dei diritti delle piante.
In conclusione?
Per sopravvivere come specie, dobbiamo quindi fare quel “salto culturale” che ci permetta di emanciparci dall’antropocentrismo, dalla logica di “specie superiore”. Dobbiamo pensarci parte del tutto, riflettere con i tempi del lungo termine, con i tempi della vita degli alberi, per lo più secolari. Riappropriarci del “profumo del tempo” del “respiro del mondo” è una direzione possibile non solo per salvaguardare le piante ma la nostra stessa vita di individui e di specie.
A chi sono rivolti questi convegni?
L’iniziativa è rivolta al vasto pubblico, con un occhio di riguardo verso gli “addetti ai lavori” che pianificano, progettano e gestiscono le aree verdi. Enti pubblici, professionisti, progettisti, vivaisti, giardinieri. I contributi dei convegni sono pubblicati sulla piattaforma Florintesa.it nell’area dedicata al “RESPIRO DEL MONDO, piante in città fra pensiero e cura”, un incubatore di scambi, incontri, progetti, percorsi.
L'evento sarà visibile anche nei giorni successivi sui canali degli organizzatori. Le informazioni relative al convegno vengono veicolate tramite i media, le riviste specializzate, i canali social. Le iscrizioni sono raccolte sul sito di Enea.