Il 2023 si è appena concluso registrando record sotto il profilo della crisi ambientale e climatica. In Italia, eventi estremi come alluvioni, frane, mareggiate e temperature eccezionali sono aumentate del 22% rispetto all’anno precedente ed hanno provocato la morte di 31 persone.
Andando a studiare i dati più nello specifico, si rileva come il nord Italia sia la zona maggiormente colpita da eventi meteorologici estremi, ben 210. In particolare il 2023 ha visto crescere il numero di alluvioni e le conseguenti esondazioni fluviali (+170% rispetto al 2022) e nelle aree urbane le temperature record sono cresciute del 170% rispetto ai 12 mesi precedenti. Se la regione d’Italia più colpita è la Lombardia con 62 eventi, di cui 28 solo nel mese di luglio, la provincia maggiormente danneggiata è quella di Roma.
Probabilmente non casuale: la Lombardia è anche la regione con il maggior tasso di consumo del suolo con 290 mila ettari di territorio (il 12%) coperti artificialmente. Seguono in questa non felice classifica redatta dall’ Ispra il Veneto e la Campania (rispettivamente 11,88% e 10,52%).
Dati sugli eventi estremi forniti dall’Osservatorio città clima di Legambiente all’interno del bilancio di fine anno. Numeri salienti che si inseriscono nel dibattito attorno alla recente pubblicazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici.
Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente, ha esortato il primo ministro Giorgia Meloni ad agire in modo rapido e concreto, affiancando al piano nazionale anche una legge contro il consumo di suolo e per la rigenerazione urbana. L’urgenza di un piano nazionale climatico è evidente anche sotto il punto di vista economico: solo le alluvioni in Emilia Romagna e Toscana hanno provocato circa 11 miliardi di euro di danni, colpendo oltre 5 milioni di persone.
Nel 2023 sono stati però registrati anche altri dati. Durante l’anno, per esempio, le rinnovabili hanno toccato il record di utilizzo: non è mai stata prodotta così tanta energia pulita e a cosi basso costo (440 GW, il 10% in più dell’anno precedente). Questa è certamente la strada giusta per abbattere le emissioni di anidride carbonica, ma come ha ricordato l’economista Massimo Tavoni a “La Repubblica”: “Dobbiamo ancora superare gli interessi economici legati ai combustibili fossili”.
È interessante approfondire il linguaggio con cui si comunica e si discute di clima e di ambiente. In tal senso, il The Guardian ha da tempo aggiornato il suo taglio giornalistico, con l’obiettivo di essere più preciso e puntuale nel descrivere le situazioni che stiamo vivendo. È più corretto parlare di “crisi climatica” anziché di “cambiamento climatico” perché il clima è sempre cambiato nel corso della storia, ma quella che stiamo vivendo adesso è una vera crisi. Va in questo senso anche l’ampio utilizzo di parole come “eventi estremi” e “record” che sottolineano la specialità di questa situazione. Una variazione lessicale che vale anche per chi continua a negare la tragicità del problema — “negazionista” e non come un semplice “scettico”.
In generale, l’obiettivo di molti media è quello di far comprendere ai lettori che il problema non è più rimandabile: in questo senso, ogni giorno e ogni parola si rivelano importantissimi.
Cover image: ESG360