di Alessandro Ferrari e Massimiliano Taglianetti
Il 9 maggio 2023, due importanti associazioni ambientaliste, ReCommon e Greenpeace Italia, insieme ad un gruppo di 12 cittadine e cittadini hanno deciso di intentare una causa civile contro ENI, azienda italiana leader nel settore dei combustibili fossili. Le due associazioni hanno citato in giudizio al tribunale di Roma ENI, insieme ai suoi azionisti pubblici (Ministero dell’Economia e Cassa Depositi e Prestiti), in quella che viene considerata la prima climate litigation italiana (“contenzioso climatico”).
Una climate litigation è un’azione giudiziaria portata avanti da un gruppo di cittadini o di associazioni contro un’azienda considerata responsabile dei danni della crisi ambientale chiedendo di rispettare i target di riduzione delle emissioni di gas serra.
L’azione civile intentata da questo gruppo è stata ribattezzata “#LaGiustaCausa”, poiché vuole contestare il grande impatto delle attività di ENI in fatto di emissioni di gas serra e la scarsa ambizione dell’azienda a diminuire le emissioni. Il 16 febbraio si è tenuta a Roma la prima udienza di questo processo climatico, in cui le due associazioni chiedono ad Eni di cambiare la propria strategia industriale per ridurre le emissioni del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020, in linea con l’Accordo di Parigi.
ReCommon e Greenpeace Italia avevano già prodotto un report dal titolo “ENI SAPEVA” in cui, dettagliatamente, dimostrano le responsabilità del più grande emettitore italiano di gas climalteranti.
Un processo civile contro una delle più importanti aziende italiane, una multinazionale del settore fossile, avrebbe dovuto attirare l’interesse dei media. Tuttavia, come ha notato su X un importante giornalista ambientale, Ferdinando Cotugno, la gran parte dei mezzi d’informazione italiani non ha approfondito questo processo. Si rileva inoltre un sostanziale disinteresse da parte dei principali telegiornali e delle agenzie di stampa.
Mittenti, destinatari e messaggi del processo #LaGiustaCausa sono dunque chiari, meno forte appare invece la presenza mediatica del tema attraverso i canali di diffusione, non attribuibile alla scarsa attenzione del pubblico sulle questioni ambientali. Perché, allora? Greenpeace avanza delle ipotesi: per esempio, ENI avrebbe esercitato un’attività di lobby sulla trasmissione “Petrolio” di RAI3, che aveva inserito in palinsesto una puntata sul processo romano contro la multinazionale lo scorso 27 febbraio. Ipotesi accreditata anche dal giornalista Cotugno, in un primo momento invitato a partecipare alla trasmissione in contraddittorio rispetto all’azienda. “Petrolio” è poi andato in onda con un focus dedicato all’impatto delle aziende oil and gas sull’ambiente, senza però citare il processo.
L’azienda è attiva in una forte strategia di marketing in cui si accosta ad un’immagine “green” con lo scopo di migliorare la sua reputazione. ENI, infatti, è protagonista di una colonizzazione dei principali eventi popolari italiani. Ad esempio, il Festival di Sanremo ha accolto una massiccia attività di promozione negli ultimi anni, a partire dalla presentazione dell’azienda Plenitude durante la pandemia. Dalla musica allo sport: è fresca, infatti, la notizia che la Serie A italiana avrà l’azienda come title sponsor per il prossimo triennio, al posto di TIM. Lo storytelling rispetto alle tematiche ambientali è un aspetto più viene criticato ad ENI, già fortemente bersagliata per le proprie condotte sociali e ambientali.
Ci vorranno almeno due anni per sapere come finirà la prima climate litigation italiana. Un tema che pone al centro il diritto delle persone, sia per l’urgenza di preservare l’ambiente in cui viviamo sia la necessità di informazione e conoscenza.
Immagine di copertina: Eco Dalle Città.