Molti studiosi hanno tentato di definire l’epoca nella quale stiamo vivendo, contraddistinta dall’alterazione dei sistemi naturali da parte degli esseri umani.
Tra tutti i concetti proposti, quello di Antropocene ha riscosso l’interesse di molti intellettuali.
Secondo Marco Armiero, l’Antropocene si caratterizza come “l’epoca in cui gli esseri umani sono considerati come una forza geologica capace di influire sull’intero pianeta”.
Tuttavia, il concetto di Antropocene ha suscitato molte critiche e vari studiosi hanno tentato di mostrarne i limiti e di avanzare nuove teorie per descrivere l’attuale situazione ambientale.
All’interno di questo filone critico rientra il libro di Marco Armiero “L’era degli scarti. Cronache dal Wasteocene, la discarica globale” (Einaudi, 2021).
L’autore inizia il suo libro proponendo un’analisi critica dell’Antropocene, considerato un termine neutrale e depoliticizzante poiché descrive un’età in cui gli esseri umani influenzano l’ambiente terrestre, senza mostrare differenze sociali, storiche e di genere.
La parola Antropocene presenta una narrazione universalistica, nella quale un ‘noi’ vuoto e impersonale è responsabile delle azioni umane sulla natura.
Armiero si oppone a questa narrazione inserendosi nella corrente di pensiero che propone il concetto di Capitalocene, sostenendo che non è stata l’umanità tutta ad aver deteriorato l’ambiente, bensì un determinato modello economico e sociale: il capitalismo.
Il libro si colloca all’interno di questo filone critico e vuole proporre un nuovo concetto per inquadrare meglio l’epoca nella quale ci troviamo, quello di Wasteocene.
Secondo Armiero, il termine Wasteocene (da waste, “rifiuto” ma anche “scartare” in inglese, più il suffisso –cene usato per indicare le ere geologiche) descrive al meglio il periodo storico nel quale si trova l’umanità, caratterizzato dall’onnipresenza degli scarti e dei rifiuti.
Tuttavia, questo termine non vuole mettere in luce l’enorme produzione di rifiuti da parte degli esseri umani ma vuole sottolineare le relazioni socio-ecologiche che stanno dietro a questa produzione di rifiuti.
Il Wasteocene infatti vuole collocare i rifiuti all’interno delle azioni che li producono, azioni interpretate come relazioni socio-ecologiche che creano persone e luoghi di scarto.
Armiero non si concentra sui rifiuti in quanto oggetti ma sul processo sociale di scartare e quindi di decidere che cosa ha o non ha un valore.
Si attua così un processo di alterizzazione, che consiste nel separare e creare un muro tra chi e cosa vale oppure no. Scartare diventa così una sorta di relazione (wasting relationship, ovvero relazioni di scarto) nella quale alcune persone che scartano producono luoghi e persone di scarto.
Nel secondo capitolo si analizzano le narrazioni dominanti che giustificano e cercano di mantenere le relazioni di scarto e le sue disuguaglianze.
Queste narrazioni agiscono sulla memoria di alcuni fatti storici e hanno poi degli effetti pratici. Armiero descrive alcune situazioni attuali in cui le wasting relationship si manifestano chiaramente, per esempio in Ghana, in Brasile o negli Stati Uniti.
Nello specifico, l’autore descrive il caso della Cancer Alley (‘corridoio del cancro’) in Louisiana, contraddistinto da un’elevata presenza di impianti petrolchimici situati nei pressi delle comunità afroamericane e latine. Questi impianti hanno gravi conseguenze sulla vita della popolazione locale, in particolare sul tasso di tumori, la cui la salute viene sacrificata in nome dello sviluppo industriale.
Nel terzo capitolo l’autore si concentra su Napoli, sua città natale, per comprendere come il Wasteocene si è manifestato, a livello narrativo e pratico, nelle vicende della città.
In particolare, Armiero si sofferma sulle epidemie di colera degli anni Settanta e sulla crisi dei rifiuti scoppiata negli anni Duemila, eventi che hanno messo in risalto le profonde disuguaglianze causate dal Wasteocene.
Il quarto e ultimo capitolo è dedicato ai gruppi e alle pratiche che tentano di scardinare la logica del Wasteocene basata sulle relazioni di scarto.
Secondo Armiero, solo la creazione di nuove relazioni socio-ecologiche caratterizzate da pratiche di commoning – ovvero “pratiche collettive che generano al tempo stesso beni comuni e comunità” – potrà attenuare le attuali storture della società.
L’autore invita a superare le logiche di scarto per formare nuove relazioni sociali fondate sulla tutela dei beni comuni e delle altre persone, tramite pratiche di cura e inclusione.
Questo libro arricchisce il dibattito sull’Antropocene fornendo una nuova prospettiva critica, oltre ad offrire delle soluzioni pratiche per contrastare la crisi climatica e la distruzione degli ecosistemi.