Il Centro Mondialità Sviluppo Reciproco nasce a Livorno nel 1979 e oggi agisce come Ente del Terzo Settore (ETS), Associazione di volontariato, Organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) ed Organizzazione non governativa (ONG) per la cooperazione internazionale.
Il suo lavoro si sviluppa sia all’estero, in particolare in Tanzania, in cui sono in corso numerosi progetti, che in Italia, soprattutto su Livorno e la Toscana, ma anche fuori regione.
Uno dei progetti più conosciuti del CMSR è denominato “Dall’acqua per l’acqua”.
Ad oggi impegna circa 500 volontari in tutta Italia e unisce i due grandi ambiti di lavoro del CMSR, dimostrando come la tutela dell'ambiente possa andare di pari passo con un sano sviluppo economico.
Il CMSR tramite questo progetto, da oltre 20 anni, promuove e porta avanti concretamente la raccolta di tappi di plastica con lo scopo di venderli ad aziende specializzate nel riciclo, potendo così finanziare la costruzione di strutture idriche in Tanzania e in particolare nella regione di Dodoma, la capitale del paese.
Sono stati costruiti grazie a questo progetto 66 pozzi e in questo modo oltre 90.000 persone hanno avuto accesso all’acqua.
Per conoscere più a fondo il progetto e come questo è cresciuto negli anni arrivando a contare oltre 190 punti di raccolta solo in Toscana, abbiamo parlato con la responsabile fundraising e comunicazione del CMSR Simona Piovano.
Come nasce il progetto?
Il progetto è nato nei primi anni 2000 da un’iniziativa della Caritas Diocesana di Livorno che collaborava con una ditta locale impegnata nella raccolta, nel riciclaggio e nello stoccaggio di materiali plastici. Dal 2003, il CMSR ha preso la gestione e il coordinamento dell’intera iniziativa che poi nel tempo è cresciuta ed ha come obbiettivo quello di sostenere economicamente i progetti di approvvigionamento idrico che portiamo avanti.
Quali sono stati i mezzi di comunicazione più efficaci per rendere partecipe le persone del progetto?
Nel nostro caso il passaparola: negli anni ci siamo accorti che è la modalità che funziona meglio anche nelle altre regioni. Se una persona raccoglie i tappi nasce la curiosità: cosa stai facendo? Perché lo fai? In questo modo magari altre persone iniziano anche loro la raccolta.
Chiaramente noi come ufficio contribuiamo poco al passaparola, ma utilizziamo i vari social network e da qualche anno stiamo portando avanti molti progetti con le scuole. Organizziamo incontri con le classi, soprattutto a Livorno e in Toscana, dove ci raccontiamo e spieghiamo l’iniziativa, i suoi benefici sia sull’ambiente che sulla vita delle persone in Tanzania. Anche in questo caso poi è importante il passaparola perché i bambini ne parlano in famiglia o durante le loro iniziative ed il progetto cresce.
In Italia e fuori dalla Toscana il progetto come si è sviluppato?
Al momento non siamo presenti in tutte le regioni e ciò dipende dalla mancanza di aziende disposte a compre i tappi che raccogliamo. Tra le varie regioni dove siamo presenti chiaramente ci sono differenze anche per quanto riguarda semplicemente la quantità di tappi raccolti. Molto dipende dalle aziende che collaborano, dal numero di volontari presenti, la loro età e la loro disponibilità, in certe regioni abbiamo più volontari e magari disposti anche ad andare nelle scuole e ovviamente ciò aiuta enormemente.
Ad oggi siamo presenti in Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto e Lombardia, Lazio, ma anche in Sardegna dove abbiamo trovato aziende interessate all’iniziativa, riciclando i tappi senza doverli portare sul continente.
Invece in Tanzania quanto è conosciuto questo progetto?
Il nostro ufficio a Dodoma è informato del progetto, sebbene li non svolgano raccolta differenziata e non c’è molto l’idea di differenziare il rifiuto. Negli scorsi anni ci hanno aiutato soprattutto producendo materiale per le campagne pubblicitarie.
I beneficiari del progetto, chi poi utilizza in concreto i pozzi e gli acquedotti costruiti, non conoscono nello specifico la campagna, ma conoscono il nostro ente e le attività che svolgiamo sul luogo.