Scienziate visionarie è un progetto teatrale che parla di donne scienziate impegnate nell’ambiente.
Abbiamo intervistato Sabrina Presto, fisica, e Cristina Mangia, fisica ambientale, entrambe ricercatrici al CNR, che con Sara Sesti, matematica ricercatrice in storia della scienza e Maria Eugenia D’Aquino, attrice e regista teatrale, sono le protagoniste di questa iniziativa.
Perché è nato il progetto di “Scienziate visionarie”?
L’idea è nata nel 2020. Io [Cristina N.d.R.] mi occupo da sempre di inquinamento atmosferico e salute, spesso anche in territori a forte pressione ambientale, attraversando conflitti e disuguaglianze. Sabrina invece si occupa di materiali e processi per la produzione di energia pulita, cioè senza anidride carbonica.
Siamo entrambe fisiche con un master in comunicazione della scienza e cercavamo forme diverse di comunicazione su tematiche ambientali.
Facciamo parte dell’Associazione Donne e scienza, che si occupa, tra il resto, di ambiente. Ci siamo incontrate in questo contesto online durante la pandemia e abbiamo iniziato raccontando storie di donne e scienziate, impegnate sul legame ambiente e salute, convinte che lo storytelling potesse aiutarci a parlare di temi ambientali e di scienziate.
Su questo primo nucleo del progetto si è inserita Sara Sesti, che noi definiamo la “biografa ufficiale delle donne di scienza”, per i suoi lavori di ricerca sulle scienziate cancellate dalla storia. Grazie a lei e alla collaborazione con un’attrice teatrale e regista, Maria Eugenia del Pacta, dei Teatri di Milano, abbiamo creato lo spettacolo “Scienziate visionarie. Il mondo che vogliamo”, che ha debuttato l’11 febbraio 2023, in occasione della giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza.
Una persona che si occupa di scienza come dovrebbe fare comunicazione ambientale?
La comunicazione sulla crisi ambientale è complessa, perché l’ambiente e la salute mettono in gioco la nostra vita, il nostro presente e il nostro futuro. I dati scientifici da soli non bastano a smuovere le coscienze, lo vediamo ogni giorno in tutti i territori, lo vediamo con la crisi climatica.
A volte possono causare eco ansia, oppure provocare sensi di impotenza o negazione e rifiuto. Ci siamo quindi interrogate su come comunicare tematiche ambientali in modo differente ed efficace, lasciando anche spazio all’ottimismo ostinato. Quello che ci serve ad affrontare le crisi che viviamo.
Abbiamo scelto il teatro, perché questo riesce a trasmettere contenuti ed emozioni. Crediamo infatti che solo suscitando empatia si riesca a parlare di temi ambientali e trasmettere informazioni scientifiche anche al largo pubblico.
Tante persone, non strettamente ambientaliste, alla fine dello spettacolo, si sono avvicinate e ci hanno detto ad esempio “questa storia mi ricorda la vertenza di Taranto” o altre ingiustizie ambientali. Così come molti ricercatori e ricercatrici si sono avvicinate per ringraziarci per aver detto quello che anche loro privatamente pensavano, ma che non osavano dire.
Quali scienziate avete raccontato? E perché “visionarie”?
In primis la storia di Donella Meadows, scienziata del MIT e autrice principale del famoso rapporto de “I limiti alla crescita”. Secondo Meadows gli scienziati e le scienziate oltre a studiare modelli e dati, devono avere una visione di mondo sostenibile e agire per quello.
Un punto di vista che sposiamo in pieno, da cui nasce il titolo del nostro spettacolo. Le persone che lavorano nella scienza, inoltre, non possono sentirsi superiori e distaccate dalla società, incapaci di comunicare. Piuttosto devono calarsi nella società e collaborare per cambiare il mondo che ci circonda.
Abbiamo poi portato la storia della madre della medicina ambientale Alice Hamilton, che si è occupata di inquinamento nelle fabbriche, ha denunciato le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici costrette a lavorare con sostanze inquinanti, e ha contribuito a migliorare la legislazione di tutela di lavoro e ambiente negli USA.
Ovviamente nel nostro spettacolo non poteva mancare il ricordo di Laura Conti, donna che ha dedicato la sua vita alla medicina, all’ambiente, alla politica e alla scrittura.
A chi si rivolge il vostro spettacolo?
I nostri spettacoli parlano sia alla comunità scientifica sia al grande pubblico senza distinzione, comprese le scuole.
Da febbraio 2023 abbiamo toccato tante città: due volte a Milano, poi a Lecco, a Imola, al CNR di Bologna in un evento del Centenario del nostro ente e a Genova in un evento organizzato sempre dal CNR. A settembre saremo a Riccione e nello stesso mese uscirà il libro ispirato al nostro progetto, Scienziate visionarie. 10 storie di impegno l’ambiente e la salute, edito da Edizioni Dedalo.
Le donne come protagoniste della scienza ma anche dell’attivismo ambientale. Cristina hai conosciuto molte donne attiviste, vuoi ricordare qualche vertenza per la quale la scienza è stata fondamentale?
Come scienziata mi occupo di studiare le dinamiche dell’inquinamento atmosferico e gli effetti sulla salute della popolazione. Questo mi ha portato nel tempo ad incontrare tante associazioni. La collaborazione con le Mamme per la Salute di Venafro, in un progetto nella Val Venafro in Molise, è stata, ad esempio, molto proficua per l’individuazione di alcune criticità ambientali e sanitarie del loro territorio.
Per tutte loro la salute dei propri figli non è negoziabile, perché comprendono lo stretto legame tra ambiente e salute e vogliono agire per proteggere i bambini, che spesso purtroppo sono le prime vittime dell’inquinamento.
Abbiamo inoltre fatto ricerca partecipata con la popolazione, penso a Manfredonia (FG) e a San Donaci (BR). In questi casi la popolazione ha collaborato in tutte le fasi della ricerca.
L’ambiente e la salute sono terreni dove si scontrano molti interessi, e dove spesso le popolazioni coinvolte non hanno voce.
Le Scienziate visionarie ci parlano dunque di una ricerca scientifica che assume la prospettiva e l’interesse della salute pubblica, aprendosi all’ascolto delle popolazioni, rendendole partecipi, a favore della giustizia ambientale.