Crisi climatica ed ecosistemi alpini: il caso del Gran Paradiso

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Il cambiamento climatico sta trasformando radicalmente gli ecosistemi globali, con impatti evidenti e spesso devastanti.

Tra i fenomeni più preoccupanti, la riduzione dei ghiacciai rappresenta un segnale allarmante e concreto della portata di questo cambiamento.

A livello mondiale, la World Meteorological Organization (WMO) ha documentato una perdita media di 267 gigatonnellate di massa glaciale all’anno tra il 2000 e il 2020, contribuendo a un innalzamento del livello del mare di circa 0,74 millimetri all’anno.

In Europa, i ghiacciai delle Alpi, che hanno perso quasi la metà del loro volume totale dal 1850, mostrano un’accelerazione drammatica nella loro riduzione, con una perdita del 22% solo negli ultimi venti anni.

In questo scenario, il Parco Nazionale Gran Paradiso, il primo parco nazionale italiano istituito nel 1922, è un osservatorio privilegiato per comprendere gli effetti del cambiamento climatico sugli ecosistemi alpini.

Una recente ricerca condotta dall'Ente Parco, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università di Torino, ha rivelato dinamiche sorprendenti nelle aree proglaciali, dove il ritiro dei ghiacciai ha aperto nuovi spazi per la colonizzazione vegetale. 

Lo studio, pubblicato sul Botanical Journal of the Linnean Society, ha analizzato cronosequenze proglaciali situate nelle valli di Cogne e Rhêmes, esaminando le variazioni nella copertura e nella composizione delle specie vegetali in un arco di tempo che va dai 5 ai 165 anni dalla deglacializzazione.

Una colonizzazione senza precedenti

I risultati dello studio sono sorprendenti: la velocità con cui le piante stanno colonizzando le aree liberate dai ghiacciai supera di gran lunga le previsioni.

Le specie vegetali sono aumentate fino a 21 volte più velocemente e la copertura vegetale fino a 45 volte rispetto a quanto previsto dai modelli cronosequenziali tradizionali.

Questo dato rivela un’accelerazione impressionante dei processi naturali, in gran parte stimolata dall’aumento delle temperature medie e dalla maggiore disponibilità di terreno libero.

A livello locale, il Parco Nazionale Gran Paradiso riflette un fenomeno che si riscontra in molte altre aree alpine. La regione ha subito una riduzione del 15% della superficie glaciale negli ultimi trent’anni, con i ghiacciai più piccoli particolarmente esposti a un rapido declino.

Questo ritiro glaciale non solo altera il paesaggio, ma ha conseguenze dirette sulla stabilità degli ecosistemi alpini.

« Quello che stiamo osservando qui nel Parco Nazionale Gran Paradiso è solo un esempio di ciò che sta accadendo in tutto il mondo. La rapidità con cui queste piante stanno colonizzando le aree proglaciali è un segnale chiaro e inequivocabile della velocità del cambiamento climatico. Dobbiamo agire ora per proteggere questi ecosistemi unici » ha dichiarato Michele Lonati, professore dell’Università di Torino.

Sfide e opportunità per la conservazione

Le implicazioni di questa accelerata colonizzazione sono complesse e rilevanti per la conservazione degli ecosistemi alpini.

Le comunità vegetali proglaciali, che colonizzano terreni appena liberati dai ghiacciai, rappresentano ambienti di frontiera con un elevato potenziale di trasformazione. La presenza di specie vegetali provenienti da quote inferiori, in grado di adattarsi alle nuove condizioni climatiche, può minacciare le specie alpine endemiche, che rischiano di essere soppiantate da competitori più vigorosi.

Inoltre, il processo di colonizzazione vegetale ha un impatto diretto sulla stabilità del terreno. Le piante che colonizzano rapidamente le aree proglaciali contribuiscono a stabilizzare il suolo, riducendo i rischi di erosione e colate detritiche, fenomeni che diventano più frequenti e intensi con il progredire del riscaldamento globale.

Tuttavia, un insediamento troppo rapido o irregolare delle specie vegetali potrebbe creare squilibri ecologici difficili da gestire, con effetti a catena su tutta la biodiversità alpina.

Andrea Mainetti, botanico del Parco Nazionale Gran Paradiso, ha sottolineato: « Questi risultati non solo migliorano la nostra comprensione delle dinamiche ecologiche in risposta al riscaldamento globale, ma evidenziano anche l’importanza di un monitoraggio costante. Solo attraverso uno studio continuo possiamo adattare le nostre strategie di conservazione alle rapide trasformazioni in corso. »

Il futuro degli ecosistemi alpini

La ricerca condotta nel Parco Nazionale Gran Paradiso evidenzia l’importanza cruciale di proseguire con un monitoraggio a lungo termine per comprendere pienamente le dinamiche in atto.

Le cronosequenze proglaciali offrono un’opportunità unica per studiare l’evoluzione degli ecosistemi in risposta ai cambiamenti climatici, ma è necessario continuare a raccogliere dati per poter sviluppare strategie di conservazione efficaci.

A livello globale, si stima che entro il 2100 il 70% dei ghiacciai delle Alpi potrebbe scomparire, un dato che sottolinea l’urgenza di interventi mirati. La protezione degli ecosistemi alpini richiede un approccio integrato che consideri non solo la conservazione delle specie, ma anche la gestione attiva del territorio per mitigare gli impatti del cambiamento climatico.

Il monitoraggio nel Parco Nazionale Gran Paradiso continuerà nei prossimi anni, con l’obiettivo di fornire dati solidi e aggiornati sulle trasformazioni in corso in questa preziosa porzione delle Alpi.

I risultati ottenuti finora sono un chiaro avvertimento: il cambiamento climatico è in atto, e le sue conseguenze stanno già plasmando i paesaggi che conosciamo (un monito è, ad esempio, la recente e rovinosa alluvione a Cogne).

È urgente agire ora, con politiche di conservazione che possano mitigare gli effetti di questi cambiamenti e preservare la biodiversità alpina per le future generazioni.