Sono ormai numerosi gli acquari presenti in Italia: il primo risale al 1872 a Napoli; negli anni ’90 ha poi guadagnato prestigio e notorietà quello di Genova e sulla stessa onda nel 2010 è stato nuovamente aperto al pubblico l’Acquario di Livorno, la cui struttura originale risale agli anni ’30.
Le attività didattiche e di preservazione dell’ambiente marino svolte in queste strutture sono numerose. Per quanto riguarda la città toscana di costiera, lo studio è rivolto in particolare a squali e tartarughe, due specie che negli ultimi anni sono state soggette alle attività umane.
Abbiamo parlato dei progetti in corso e del loro sviluppo e comunicazione con il Coordinatore scientifico dell’Acquario di Livorno Giovanni Raimondi.
Di cosa si occupa nello specifico il progetto “Life European Sharks”?
LIFE European Sharks si propone di limitare il consumo umano degli Elasmobranchi e quindi Razze, Gattucci, piccoli squali e in generale tutto ciò che è carne di pesce cartilagineo perché questi pesci sono ormai diventati molto rari soprattutto nel Mediterraneo. Vengono spesso pescati restando intrappolati nelle reti e di conseguenza muoiono soffocati.
É un progetto cofinanziato dalla Comunità Europea e ha come capofila la Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli. Noi seguiamo tutta la parte legata alla comunicazione e alla divulgazione soprattutto con i visitatori dell’Acquario e con le scolaresche. Su questo progetto ci lavora inoltre l’Università di Firenze, la società “Dream” che si occupa di progetti internazionali, le Capitanerie di Porto e il Centro distrettuale consortile.
Quali sono le difficoltà legate agli squali ed in generale i pesci cartilaginei?
Non c’è un monitoraggio tale da sapere quanti e quali squali ci siano nel Mediterraneo, si sa però quali e quanti ne vengono pescati, e gli esemplari avvistati sono sempre meno.
Un grande problema dei pesci cartilaginei è che raggiungono una maturità sessuale solo in età avanzata, se un pesce osseo già in un anno è in grado di deporre milioni di uova, un esemplare cartilagineo come uno squalo deve aspettare dai 3 ai 10 anni di età per potersi riprodurre.
Posseggono inoltre tutte e tre le tipologie di gestazione, e questo comporta grandi variabili: oviparo, se fanno le uova, ovoviviparo se incubano nell’utero le uova, oppure viviparo con la placenta. Chiaramente non sono mammiferi perché non hanno le mammelle, ma possono partorire e un esempio è il grande squalo bianco che partorisce cuccioli già vivi, ma appunto non è un mammifero.
Come sviluppate la comunicazione intorno al progetto?
Tutti i week end facciamo incontri mirati alla sensibilizzazione del nostro pubblico, si tratta di speech tematici che servono proprio a raccontare i progetti e a far si che le persone siano informate e sensibilizzate sull’argomento.
La fascia di età maggiormente interessata è quella dei bambini. Sul nostro sito ci sono molte informazioni e ovviamente utilizziamo molto anche i nostri canali social Instagram e Facebook.
Sviluppiamo inoltre proposte alternative alla tradizione gastronomica che prevedere l’utilizzo della carne di queste specie in via di estinzione per salvaguardare gli esemplari rimasti.
Il lavoro di comunicazione è poi rivolto anche alle scuole giusto?
Sì, lavoriamo molto in questo senso. É possibile prenotare visionando le attività anche sul nostro sito.
Ci sono attività legate al progetto sugli squali e c'è anche un progetto in collaborazione con Unicoop Tirreno che si chiama Tra il dire e il mare c'è di mezzo il fare che si propone proprio di fare educazione ambientale nelle scuole e insegnare comportamenti positivi ai ragazzi. All'interno di questo progetto parliamo anche di European Sharks.
Tra le attività dedicate ai più giovani ci sono visite guidate all’Acquario e ai luoghi di interesse della città, focus su i più importanti temi ambientali e laboratori didattici specifici sulla vita sottomarina.
Un’altra specie protagonista delle vostre attività è la tartaruga marina, come lavorate a riguardo?
Noi dal 2017 siamo un Centro di recupero e riabilitazione delle tartarughe marine e fino ad oggi abbiamo recuperato e poi rimesso in mare 32 tartarughe, ricevendo una deroga del Ministero dell’Ambiente per fare ciò.
In questo progetto siamo all’interno dell’Osservatorio toscano per la biodiversità e collaboriamo con le Università di Pisa, Firenze e Siena, l’Arpat e la Capitaneria di Porto soprattutto per i monitoraggi e per i recuperi nel caso ci siano esemplari vivi.
Per quanto riguarda la comunicazione di tale attività assieme agli altri enti, tra cui la Regione Toscana stessa, organizziamo degli eventi di sensibilizzazione anche per esempio per rilevare e proteggere le spiagge dove le tartarughe vanno a deporre le uova.
Negli ultimi anni sono in netto aumento le nidificazioni in Toscana e quindi è importante che le persone sappiano riconoscerle e nel caso segnalarle così da poter proteggere i nidi.
Quali sono i luoghi maggiormente scelti dalle tartarughe per nidificare in quest’area?
In Toscana nidificano molto intorno a Marina di Massa, ma anche più a sud nel parco della Maremma e quest’anno anche a Castiglioncello, vicino a Livorno, in una spiaggia molto piccola, scelta da certe tartarughe in particolare, ma anche ad alto rischio onde e quindi pericolosa.
Ti chiedo per concludere maggiori dettagli sul tuo ruolo e sulla squadra di lavoro all’interno dell’Acquario.
Io sono Coordinatore scientifico e quindi le istituzioni si riferiscono direttamente a me per quanto riguarda tutta la parte progettuale. La squadra per quanto riguarda gli addetti agli animali è di quattro persone, poi c’è un reparto tecnico senza cui tutto questo non sarebbe possibile. In tutto siamo una decina, tutti con un ruolo indispensabile.