Domenica 10 Novembre si è svolta a Marzaglia sugli argini del Secchia, ai confini tra Modena e Reggio Emilia, una manifestazione in dress code nero. È stato rievocato un corteo funebre, indetto dal Comitato Buonanotte al Secchia, in memoria dei quarantacinque ettari di bosco tagliati nel Parco fluviale delle casse di espansione del Secchia. Ne parliamo con uno dei portavoce del comitato, Nicola Lepre.
Perché un corteo funebre?
In modo provocatorio e sarcastico abbiamo voluto denunciare questo misfatto, questo ecocidio. Hanno tagliato a raso un ecosistema perfetto, 45 ettari di foresta fluviale, con pioppi, salici, querce, ippocastani, tigli, canneti, moltissime specie di arbusti e poi ancora talpe, scoiattoli, lepri, tassi, caprioli, volpi, roditori, tartarughe e centinaia di specie di uccelli, anfibi e insetti.
Un paradiso di biodiversità che contribuiva a mitigare le terribili conseguenze del Global Warming, favorendo il sequestro di tonnellate di CO2, di polveri sottili e di altri inquinanti. L’unico polmone verde, bosco di pianura, tra Modena e Reggio Emilia che offriva ossigeno e contribuiva a rinfrescare un territorio bruciato dal sole nei lunghi mesi estivi.
Un luogo dell’anima, frequentato da amanti della natura e delle attività outdoor e famiglie. L’idea di riprodurre un corteo funebre ha colpito nel segno. Abbiamo sfilato a lutto, scegliendo il colore nero.
Nero come il funerale del Parco fluviale del Secchia, che simboleggia il consumo di suolo regionale, il cemento che continua ad essere versato sul poco verde rimasto, l'aria che respiriamo, il futuro dei nostri bambini e delle persone fragili, la fine del tunnel in cui le politiche regionali si stanno spingendo in nome della crescita infinita.
Le persone hanno partecipato?
Eravamo un centinaio, ma in tanti ci hanno seguito sui social. È stato impressionante scendere nell’area disboscata un tempo foresta. Scene angoscianti, desolanti, surreali. Abbiamo messo striscioni sopra le cataste di tronchi.
Quale è stata la risposta delle istituzioni?
Abbiamo chiesto alla Regione Emilia Romagna di spiegare il perché non abbiano seguito le direttive europee che riguardano i fiumi, nonché le linee guida regionali per la gestione dei corsi d’acqua. Per ora la risposta è che i lavori effettuati non sono stati supervisionati.
C’è stato un taglio di gran lunga maggiore rispetto a quello previsto, oltre al fatto che il disboscamento è avvenuto durante il periodo di nidificazione. I lavori sono stati bloccati ma il danno è ormai totale. A breve depositeremo anche un esposto alla magistratura per chiedere che venga aperta un’inchiesta.
I responsabili, che vanno dall’ AIPO (Agenzia Interregionale per il fiume PO) alla Regione, passando per i sindaci e l’Ente Parchi Emilia Centrale, che tra l’altro riconosceva questa come una riserva naturale regionale, non possono rimanere impuniti davanti a una tale devastazione.
Come è nato il comitato?
È nato agli inizi del settembre 2024, dopo che alcuni cittadini insieme a movimenti ambientalisti sono venuti a conoscenza del taglio del bosco tra Marzaglia e Rubiera da parte dell’ AIPO per la presunta messa in sicurezza del fiume Secchia: taglio indiscriminato che stava avvenendo già da diverse settimane nell’indifferenza totale delle istituzioni.
Quarantacinque ettari di bosco in pianura sono spariti, e dire che rappresentavano la prima barriera contro le piene alluvionali e offriva gratuitamente preziosi servizi ecosistemici.
L’Europa ci chiede di ricostituire le foreste ripariali, aree umide e torbiere per permettere ai fiumi di esondare in sicurezza nel letto di piena. Noi facciamo il contrario.
Perché il nome “Buonanotte al Secchia”?
Un nome che sembra leggero e ironico, che strappa un sorriso. Il Secchia o la Secchia è il nostro fiume. Il detto “buonanotte al secchio“, viene utilizzato quando un’impresa è persa in partenza.
Quando non c’è proprio niente da fare, bisogna arrendersi. Noi non ci arrendiamo ma vogliamo puntare il dito sulla gravità del danno. Vogliamo colpire l’emotività e sensibilizzare sull’importanza dei fiumi come ecosistemi, fragili ma importantissimi, prima che accadano eventi estremi.
Bisogna abbandonare la visione dei fiumi come corsi d’acqua da confinare in argini troppo alti e imbrigliare con manufatti antropici che richiedono continue manutenzioni.
Ci sono molti esempi positivi, promossi da esperti come il CIRF (Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale), volti a ripristinare il naturale ecosistema dei fiumi che consentono la messa in sicurezza con costi di manutenzione decisamente minori.
Diffondere questa consapevolezza, anche tra i cittadini, è sempre più necessario.