FIERI, la Fabbrica Interculturale Ecosostenibile del Riuso di Catania è un modello virtuoso di inclusione sociale, ecologia e riuso.
Intervistiamo Luciano Reale, educatore e presidente della Cooperativa Ri-Mani di Catania, nata nel 2017 su iniziativa dell’Associazione Mani Tese Sicilia.
Come nasce questa realtà?
Nel 2015 con Mani Tese Sicilia e altre realtà del territorio (ARCI Catania, Ass. Rifiuti zero, Cooperativa Prospettiva, Ass. A’ Fera bio, Ass. Mauriziani di Catania, Cooperativa Al reves sartoria, Circolo ARCI Faber, Ass. Zeronove ciclofficina, Ass. Risorti Migranti, Ass. Makeba, Circolo ARCI Melquiades, Ass. Mettiamoci in gioco) abbiamo partecipato ad un bando di “Fondazione con il Sud”.
Il nostro intento è stato quello di creare uno spazio di accoglienza, un luogo creativo e formativo rivolto soprattutto ai migranti presenti nel territorio, attraverso attività legate al riuso.
In una zona popolare di Catania, in via Palermo, alle spalle del quartiere San Leone, abbiamo individuato un casolare abbandonato di proprietà del Comune, che era ormai diventato una discarica abusiva. Era presenti, infatti, ingombranti, rifiuti edili e anche materiali pericolosi come l’amianto.
Dopo le opportune bonifiche e la ristrutturazione, grazie a fondi comunali e un crowdfunding, abbiamo iniziato varie attività, organizzando negli anni numerosi corsi di formazione di falegnameria, sartoria, riparazioni elettriche, saponificazione, eco-design, eco-gioielli e riparazione bici, coinvolgendo in tutto circa 150 migranti, ragazzi catanesi con misure alternative alla detenzione e scuole primarie e secondarie del territorio.
Il progetto oggi in corso si chiama Ri-creazioni ed è promosso da Mani Tese Sicilia, Cooperativa Sociale Ri-Mani, FIERI e Federazione Mani Tese, è un progetto formativo di falegnameria e sartoria rivolto a minori non accompagnati, tenuti da professionisti del settore, il nostro falegname Dario e la nostra sarta Antonella.
E’ molto forte l’aspetto ambientale?
Sì perché tutte le attività sono legate al riuso dei materiali che provengono dai mercatini dell’usato della Cooperativa Ri-Mani di Catania. L’obiettivo del nostro progetto è unire l’aspetto sociale a quello ambientale, cioè che i giovani possano imparare un lavoro artigianale, un mestiere etico e sostenibile, e integrarsi nella società, nonostante il nostro territorio sia complesso e la disoccupazione una piaga. Tramite questo progetto siamo pure riusciti a concedere 12 borse lavoro ai 64 ragazzi che hanno frequentato i corsi.
Attualmente abbiamo otto ragazzi che stanno completando i loro sei mesi di formazione con borse lavoro e abbiamo altri due ragazzi che sono stati inseriti all’interno del mercatino dell’usato della Cooperativa con due borse lavoro della durata di un anno. Questi ragazzi sono bravissimi, volenterosi e apprendono in fretta.
Cosa viene realizzato dai vostri laboratori?
Dai vestiti con tessuti di scarto, alle borse con vecchi jeans usati, alle bomboniere solidali che germogliano in splendidi fiori selvatici, fino agli accessori più vari in coloratissimo tessuto wax, simbolo di cultura e tradizione.
Nei corsi di falegnameria i ragazzi creano nuovi mobili a partire da vecchi bancali recuperati, letti e mobili danneggiati e usati che le persone ci regalano.
Insomma, FIERI si impegna a dare una nuova vita a oggetti che diventerebbero rifiuti in un contesto interculturale.
Come diffondete la vostra attività?
Tramite i canali social, Instagram, Facebook e LinkedIn, ma anche collaborando con le scuole; con banchetti e progetti di educazione ambientale; parliamo di artigianato e inclusione degli immigrati. Abbiamo in progetto un percorso didattico all’aperto, così da spiegare la giustizia sociale e ambientale ai bambini in modo divertente.
Quanto questo progetto aiuta a diffondere una cultura inclusiva e rispettosa dell’ambiente?
Moltissimo, soprattutto in un contesto difficile dove purtroppo spuntano discariche abusive che noi puntualmente denunciamo. Siamo anche un presidio di legalità, un punto di incontro per i giovani catanesi che vengono ad aiutare e conoscere i loro coetanei migranti. Dimostriamo che si può creare lavoro etico e ecologico, senza produrre rifiuti e inquinamento.
Inoltre, nell’ampio spazio esterno sono stati costruiti degli orti rialzati, curati da alcune famiglie del quartiere, trasformando l’area in uno spazio verde accogliente e funzionale per tutta la comunità. Con i ragazzi stiamo curando il terreno a disposizione, abbiamo piantato con loro tre alberi (Limone, Carrubo e un falso Pepe) e sicuramente in futuro ne pianteremo altri.